Se l’emergenza Coronavirus dovesse continuare fino a metà anno, la probabilità di default delle aziende italiane salirebbe dal 4,9% al 6,8%, con un minimo del 2,6% per il settore farmaceutico (in miglioramento dal 3,8%) e un picco al 10,6% per il settore delle costruzioni (dall’8,1%), ma se dovesse dilagare la pandemia e l’emergenza perdurasse sino a fino anno, allora la probabilità di default salirebbe sino al 10,4%, con un minimo del 7,5% e un picco del 15,4% per i medesimi settori.
Sono le previsioni shock dello studio Impact of the Coronavirus on the Italian non-financial corporates” pubblicato ieri da Cerved Rating Agency (Gruppo Cerved) (si vedano qui il comunicato stampa e qui lo studio completo). Entrambi gli scenari sono stati applicati a un portafoglio di simulazione, costituito da circa 25 mila rating emessi recentemente da Cerved e sufficientemente rappresentativo del comparto delle aziende italiane, tramite l’adozione di un approccio di natura quali-quantitativa.
In particolare, all’interno di questo campione il numero delle imprese classificate come a rischio salirebbe del 7,63% nel caso di scenario soft, sino a rappresentare il 15,16% del campione dall’attuale 7,53%, e salirebbe addirittura del 26% nel caso hard, sino a rappresentare il 33,56% del totale delle aziende esaminate. Per contro, il numero delle aziende classificate come sicure scenderebbe del 4,2% nel caso soft per rappresentare l’8,37% del totale (dal 12,57%) e dell’11,61% nel caso hard per rappresentare soltanto lo 0,96% del campione.
Più nel dettaglio, oltre il 9% delle aziende esaminate passerebbe da un rating investment grade a uno speculative grade nello scenario più favorevole, mentre nello scenario peggiore lo spostamento riguarderebbe ben il 20% delle imprese. Il deterioramento di merito creditizio ipotizzato, insieme agli effetti negativi derivanti dall’innalzamento del livello complessivo di indebitamento finanziario a breve termine, sarebbe particolarmente rilevante per settori più esposti come il turismo e le aziende del comparto manifatturiero che presentano interconnessioni maggiori con la Cina, soprattutto per quanto attiene all’importazione delle materie prime.
Le stime d’impatto sulla marginalità portano l’ebitda mrgin medio delle aziende del campione al 4,2% nello scenario soft dall’attuale 6,1% e al 3,1% nello scenario hard, con le situazioni più allarmanti per il manifatturiero tessile, i trasporti e il turismo, con quest’ultimo che arriverebbe a livelli di marginalità negativi nello scenario peggiore (-1,3%). Nel contesto delle imprese valutate costituiscono invece un’eccezione le aziende del settore farmaceutico, sia per la produzione sia per il commercio al dettaglio di medicinali, per le quali è ragionevole attendersi un miglioramento della marginalità e una riduzione moderata dei profili di rischio. (Per un altro tipo di analisi di impatto sullo stato di salute delle pmi, questa volta calcolato utilizzando un algoritmo di machine learning e intelligenza artificiale, si veda qui altro articolo di BeBeez).