“Abbiamo in portafoglio 2 mila società che valgono, al costo, 70 miliardi di euro. Fatturano 200 miliardi con 550 mila dipendenti, pari a tutto il fatturato del settore agroalimentare. “Nel 2013 il portafoglio dei fondi valeva solo 22 miliardi. E ora stiamo facendo un grande lavoro per portare queste aziende a valere ancora molto di più”. Lo ha detto ieri Anna Gervasoni, direttrice generale di AIFI (Associazione Italiana del Private Equity, Venture Capital e Private Debt), durante il convegno annuale dell’associazione tenutosi ieri a Milano nella sede di Assolombarda (si vedano qui le slide dell’intervento di Gervasoni e qui il comunicato stampa).
L’associazione, insieme a PwC, quattro giorni fa aveva presentato i dati del 2022 (si veda altro articolo di BeBeez), che è stato il miglior anno di sempre per gli investimenti in private equity, venture capital e infrastrutture, con ben 23,6 miliardi di euro, in aumento del 61% dal precedente record di 14,7 miliardi investiti nel 2021 (si veda altro articolo di BeBeez).
E se nei dieci anni dal 2013 a fine 2022 il valore del portafoglio di aziende italiane dei fondi è passato da 22 a 70 miliardi, mentre la capitalizzazione delle società quotate è passata da 438 mld a 626 miliardi, “questo significa che il private equity sta crescendo più della Borsa. Ma tengo a precisare che sarebbe bello che crescessero insieme: il private equity non intende crescere contro la Borsa, ma con la Borsa. Dobbiamo infatti crescere all’unisono, con le imprese private-equity-backed che possono finire in Borsa”. Una precisazione che ci sta tutta, vista la grande attività di delisting condotta negli ultimi anni dai fondi italiani e soprattutto internazionali sulle aziende quotate a Piazza Affari (sul tema si veda BeBeez Magazine del 4 marzo), a fronte di pochissime ipo di aziende partecipate o controllate da fondi.
E ha aggiunto Gervasoni: “Vediamo una Borsa che fa fatica, ma dobbiamo coesistere in un contesto dove ragionare senza frontiere, attirando capitale internazionale. Le imprese italiane devono continuare ad attrarre gli operatori internazionali”.
Parlando del private capital in Italia, Gervasoni ha poi sottolineato che “il valore di portafoglio odierno è qualcosa su cui dobbiamo lavorare con tutte le incertezze del contesto, e in cui ogni azienda è una storia a sé. Ma occorre portare queste aziende a valere molto di più tramite add-on, crescita internazionale e valorizzazione in generale”.
E il confronto con la Francia è duro. “Questo mercato è fondamentale per la crescita del paese e ha ampi margini di sviluppo”, ha detto ancora la Gervasoni. Per questo è necessario potenziare la raccolta di capitali. Il private equity francese negli ultimi cinque anni ha raccolto da fondi e casse 9,9 miliardi contro i 3,4 miliardi in Italia, dalle assicurazioni 18,3 miliardi di euro contro i nostri 2,1 e da investitori individuali e family office 14,4 miliardi contro i 2,2 miliardi dell’Italia. Con maggiori risorse potremmo fare molto di più”.
Peraltro, la crescita del mercato del private equity italiano è dovuta in buona parte all’attività dei fondi internazionali, ha commentato Innocenzo Cipolletta, presidente AIFI., sottolineando che “nel 2022, su 24 miliardi investiti in Italia, 15 miliardi di euro derivano da operatori non domestici”. Il che da un lato è un bene, ma certo, ha continuato Cipolletta, “non possiamo non notare che serve un’azione sistemica delle Istituzioni per spingere la crescita dei fondi italiani per numero e dimensione, permettendo così la nascita di nuovi soggetti che possano investire anche in quote di minoranza, e nelle attività di turnaround che nel 2022 ha visto solo concludersi solo nove operazioni”.
Il governo con Cassa Depositi e Prestiti sta comunque già facendo un gran lavoro, ha ricordato Dario Scannapieco, amministratore delegato e direttore generale di CDP, nel suo intervento al convegno di AIFI, sottolineando che “CDP sostiene imprese e startup sia mobilitando risorse proprie, ma, sempre di più, mobilitando risorse terze, vedendo il private capital come una leva importante per lo sviluppo economico e la competitività del paese. La logica è quella di moltiplicare le risorse messe a disposizione delle imprese, con lo strumento dei fondi di fondi. Per esempio abbiamo deliberato un investimento da 150 milioni di euro in un fondo di fondi estero per sostenere gli investimenti dei fondi in Italia. E anche sul fronte delle ristrutturazioni aziendali abbiamo iniziato a lavorare con la logica dei fondo di fondi. Con il Fondo Nazionale Ristrutturazione Imprese (FNRI), all’interno di Patrimonio Rilancio, infatti, abbiamo già deliberato cinque investimenti da inizio anno per un totale di 500 milioni di euro”.
Di questi cinque investimenti, quattro sono noti, sebbene non siano stati comunicati ufficialmente. Si tratta di quelli in Equor I, il primo fondo di Equor Capital Partners sgr (si veda altro articolo di BeBeez); nel Flexible Capital Fund di DeA Capital Alternative Funds sgr, controllata da Dea Capital del Gruppo De Agostini (si veda altro articolo di BeBeez), nel fondo GAP di Anthilia Capital Partners sgr (si veda altro articolo di BeBeez); nel Capitale Rilancio Fund di illimity sgr (si veda altro articolo su BeBeez). In tutti i casi si parla appunto di impegni del fondo sino a 100 milioni di euro ciascuno.
Sempre in tema di fondi di fondi Gelsomina Vigliotti, presidente Fondo Europeo per gli Investimenti (FEI) e vicepresidente BEI, a margine del convegno AIFI ieri ha precisato: “L’Italia è uno dei maggiori beneficiari degli investimenti del FEI, che, tra il 2020 e 2022, ha investito 590 milioni in 17 fondi in Italia, un ammontare che rappresenta circa il 7% del fundraising complessivo operato dai fondi di private equity italiani”.
E il ruolo non solo del private equity, ma del private capital più in generale, a supporto dell’economia reale è stato ben sottolineato anche da Alessandra Perrazzelli, vice direttrice generale della Banca d’Italia (qui il testo integrale del suo intervento): “Il ruolo svolto da questi fondi, tra cui si annoverano fondi di private equity e venture capital, fondi di private debt, fondi di credito, fondi infrastrutturali, fondi armonizzati quali i fondi d’investimento europei a lungo termine (ELTIF) e i fondi europei di venture capital (EuVECA), può essere cruciale nell’attuale situazione economica, in cui è necessario sostenere la ripresa e favorire gli investimenti delle imprese necessari alla transizione ecologica e digitale. I FIA chiusi, inoltre, possono favorire l’investimento indiretto del risparmio privato nell’economia reale grazie all’orizzonte temporale di medio e lungo termine con cui operano e alle competenze di gestori specializzati nella selezione di progetti complessi, incluse le ristrutturazioni aziendali”.
Tutttavia, ha detto ancora Perrazzelli, nonostante gli interventi legislativi condotti in questi anni sia a livello nazionale sia a livello europeo e il grande lavoro condotto in particolare da CDP e da Fondo Europeo per gli Investimenti come anchor investor di tante iniziative di private capital, emerge ancora “l’urgenza di stimolare la crescita del settore attraverso iniziative sia a livello nazionale sia europeo. Occorre aumentare l’appeal e la capacità di questi fondi di catalizzare gli investimenti dei soggetti istituzionali e anche delle famiglie; rafforzarne l’operatività all’estero, per raccogliere risorse da indirizzare alle imprese, anche nazionali. È una sfida importante, cruciale per la crescita del nostro Paese, e che riguarda innanzitutto gli operatori, ma che coinvolge anche le istituzioni e le autorità. Una sfida che richiede la conoscenza approfondita delle potenzialità e delle carenze strutturali del settore, che deve far leva sul dialogo tra autorità e mercato per trovare il giusto equilibrio tra le opportunità di sviluppo e l’esigenza imprescindibile di governare i rischi”.
Insomma, “sono possibili ulteriori interventi sia per ampliare le opportunità di investimento del risparmio delle famiglie, sia per incentivare le imprese a offrire strumenti finanziari da poter inserire nei portafogli degli investitori istituzionali, per fornire canali alternativi e snelli per il finanziamento delle attività imprenditoriali. Verso questa direzione vanno anche alcune recenti iniziative a livello dell’UE che, nell’ambito dei lavori per lo sviluppo dell’Unione dei Mercati dei Capitali (Capital Markets Union), mirano a potenziare l’offerta di prodotti europei armonizzati a supporto degli investimenti nell’economia reale. In prospettiva, la pubblicazione di una proposta legislativa della Commissione europea sulla strategia europea per gli investitori al dettaglio (EU Strategy for retail investors) contribuirà al raggiungimento dell’obiettivo di accrescere gli investimenti dei consumatori nel mercato dei capitali, al contempo assicurando loro adeguate tutele”.
E ha dichiarato: “Al riguardo, vorrei richiamare in particolare la revisione del regolamento sui fondi d’investimento europei a lungo termine, gli Eltif, il cui testo finale è stato recentemente finalizzato, che mira a rilanciarne il ruolo come fonte di finanziamento a lungo termine per le piccole e medie imprese, in grado di contribuire a una crescita sostenibile e inclusiva dell’UE in vari settori economici (trasporti, energetico, innovazione tecnologica, sociale), rendendo questi fondi più flessibili e appetibili per gli investitori e superando gli aspetti che ne hanno sin qui limitato lo sviluppo”. E ancora. “A livello nazionale, un importante cantiere aperto è il tavolo di lavoro sulla Finanza per la crescita. Ne è un esempio il regime applicabile alle società d’investimento a capitale fisso (SICAF) o a capitale variabile (SICAV) gestite da gestori esterni (cosiddette “eterogestite”): questo regime, attualmente analogo a quello previsto per le società d’investimento che gestiscono direttamente i propri patrimoni, verrebbe semplificato con l’eliminazione di una serie di istituti, non necessari, per rendere questi veicoli più appetibili, più semplici e snelli, per favorirne lo sviluppo. Queste iniziative sono importanti e vanno pertanto sostenute, dato che ancora questi strumenti sono assenti o scarsamente presenti nei portafogli (si veda altro articolo di BeBeez).