Melegatti ha presentato al Tribunale di Verona la domanda di concordato in bianco e a breve è attesa la nomina dei due commissari straordinari che avranno il compito di guidare l’azienda dolciaria (si veda qui Il Gazzettino).
La decisione di ricorrere alla legge fallimentare è stata presa all’unanimità in un’assemblea degli azionisti Melegatti il 31 dottobre. La domanda è stata depositata da Giambruno Castelletti, il commercialista esperto in crisi aziendali, nominato all’unanimità dai soci della società produttrice del noto pandoro, che ha anche presentato un piano da 16 milioni di euro (6 milioni immediati in vista del Natale) per il rilancio dell’azienda, che nelle ultime settimane era arrivata al punto di non ritorno, con il rischio di non riuscire più a produrre per mancanza di liquidità (si veda altro articolo di BeBeez).
La società potrebbe quindi trovare un accordo per la ristrutturazione del debito con le banche finanziatrici (Banco Bpm, Bnl, Mps e Unicredit) sulla base dell’art. 182-bis della Legge fallimentare, condizionato all’iniezione di denaro fresco da parte di un nuovo investitore. A mettere questi soldi si dice che potrebbe essere un fondo maltese.
I primi 6 milioni servirebbero a produrre un milione e 750mila pezzi tra pandori e panettoni, per poi puntare sulla successiva campagna pasquale che verrebbe finanziata appunto con i restanti 10 milioni del business plan.
Il piano è però condizionato all’accettazione da parte dei lavoratori (senza stipendio da agosto) che hanno manifestato la disponibilità a tornare in azienda a patto che venga subito garantita loro la mensilità di novembre e in seguito quella di dicembre. Per questo motivo ieri alla Prefettura di Verona si è tenuto un nuovo tavolo di concertazione con i rappresentanti dei sindacati, i sindaci di San Giovanni Lupatoto e San Martino Buon Albergo (i Comuni dove si trovano i due stabilimenti del gruppo).
Melegatti è gravata da un debito importante, soprattutto dopo l’investimento di 15 milioni di euro per l’apertura lo scorso febbraio del nuovo stabilimento di San Martino Buon Albergo, che si sviluppa su un’area di 21mila metri quadrati e che è dedicato esclusivamente alla produzione di croissant: era prevista la produzione di 200 milioni pezzi all’anno, con una media di 35mila croissant all’ora, circa 840mila al giorno.
L’investimento di 15 milioni è stato condotto a debito, si dice attingendo alle linee di credito a breve già in essere, ed è stato il motivo del tracollo, perché la situazione finanziaria era già tirata. La società aveva infatti chiuso il 2015 con 55,1 milioni di euro di ricavi consolidati (da 57,4 milioni nel 2014), 2,17 milioni di ebitda (da 1,65 milioni) e una perdita netta di 188 mila euro (da -379 mila), il tutto a fronte di un debito finanziario netto di 15,5 milioni (da 16 milioni)(si veda qui l’analisi di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). Al 29 settembre scorso il bilancio 2016 non era ancora stato approvato.
La proprietà del gruppo è da anni nelle mani delle famiglie Turco e Ronca, con i Turco che nel 2007 hanno preso il controllo, ma con litigi interni che vanno avanti da anni. La società è guidata dal presidente e amministratore delegato Emanuela Perazzoli, parte della famiglia Turco.