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Un magico incontro a Pisa, nel contesto di un’esposizione d’arte contemporanea, tra i bozzetti di Francesco Mori per le vetrate del Battistero di San Giovanni di Piazza dei Miracoli e le 50 opere selezionate in attesa del giudizio di grandi uomini d’arte come Aurelio Amendola e Italo Moscati.
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delle arti, declino di cui Pasolini era ben consapevol e fino a soffrirne molto, fino a farne una questione personale. L’Assessore alla cultura Pierpaolo Magnani, esprime compiacimento per un lavoro culturale che si sta svolgendo da oltre un anno nell’avventura del nuovo ARTinGENIO MUSEUM, nella speciale cornice del centro Officine Garibaldi. Mi preme spiegare il senso di una selezione di opere d’arte mentre si parla del grande poeta, scrittore e regista. È la regia alla quale siamo chiamati tutti se vogliamo che il nostro paese abbia un degno futuro: coltivare pensiero, coltivare anima, oltre il deserto di una tendenza artistica che rischia di rimanere fossilizzata sui geniali linguaggi di rottura e di provocazione dalle avanguardie in poi. Tornare alle forme armoniche dell’arte classica? Non necessariamente. Già l’estetica del brutto, ci ha insegnato con Rosenkranz, nell’Ottocento, che le forme d’arte si occupano anche delle disarmonie. Quello che non va giù, piuttosto, è una tendenza, conclamata anche nell’ultima Biennale di Venezia, a oscillare tra il vuoto delle pareti bianche e la pochezza di oggetti ready made, ad una pervicace volontà di induzione del vomito: scandalizzare, celebrare gli orrori, le viscere, il mondo oscuro delle passioni, in un’ottica di violazione del confine, verso una fluidità transumana, ibrida, tra uomo, macchina e mondo animale. Un tutt’uno senza confini, dove, comunque, sembra farla da padrone l’osceno. Mi è piaciuta la Biennale di Venezia di questo 2022, un’emozione intensa, un carnevale di opere che lasciano un segno: ma mi domando dove sia finito lo spazio del sacro, l’anelito alla bellezza. Scomparsi. Sembra di pronunciare persino parole proibite al cospetto di un clima di sconvolgimento di qualsiasi forma: si direbbe quel trionfo dell’amorfo, dal quale rifuggivano i greci. Pasolini rappresenta il simbolo di una modernità che non rinuncia alla trasgressione, alla contestazione, alla ricerca della verità a costo di demolire il bigottismo e l’ipocrisia dei costumi, ma mentre sposa l’dea della provocazione costante, si perita di costruire, di stupire gli animi, di additare nuove vie per quell’irrinunciabile “sacro” che sta al fondo di ogni essere umano. E ben lo spiega anche Paolo Pesciatini, Assessore al Turismo, mentre interviene a premiare gli artisti e affascina la platea parlando del rapporto di Pasolini con Pisa. Vengono rivelati i quattro nomi dei premiati ai quali l’Assessore Pesciatini consegna in dono delle bellissime riproduzioni di bacini ceramici medievali, insieme alla curatrice della mostra Laura Luciano. Alessandro Giugni, per la fotografia d’arte, realizzata con una macchina fotografica donatagli da Berengo, con un ‘amore per le foto realizzate con il fascino del sistema analogico. Bellissimo il giudizio motivazionale della storica dell’arte Veronica Ferretti: “L’immagine fotografica in bianco e nero crea un unicum fra l’eternità dell’arte passata, che celebra il monumento a Francesco Baracca, e il correre del tempo presente con il gioco spensierato dei bambini inconsapevoli dei sacrifici compiuti dall’Asso degli Assi. In un dialogo di grande forza Giugni sembra rievocare alcune opere di Pasolini dove i giovani non hanno ancora una coscienza civile e politica al contrario del poeta e scrittore che fu sempre marxista malgrado la perdita del fratello Guido per mano dei partigiani. Se Giugni usa la pellicola per una non immediata visualizzazione di scatti ma per il piacere – come lui stesso dice – di confrontarsi con la chimica e il desiderio di padroneggiare ogni fase del processo creativo, allo stesso modo Pasolini si confrontò in tarda età con il cinema per tradurre i suoi romanzi in una nuova lingua, senza mai trascurare il dato pittorico. Giugni e Pasolini usano rispettivamente fotografia e cinema per raccontare sé stessi e il loro tempo.” Riceve la targa premio e il bacino ceramico marina Comerio, per la sua installazione dal titolo Idlost: uno specchio nel quale non possiamo specchiarci il viso, perché all’altezza del volto troviamo un foro rettangolare, come se fosse un taglio che ci porta oltre, in un baratro, dove perdiamo la nostra identità. Ma le nuvole realizzate con del cotone campeggiano attorno al nostro corpo suggerendo leggerezza e armonia. Scrive la critica d’arte Veronica Ferretti: “Debitrice nei confronti della grande opera di Marcel Duchamp e di René Magritte l’opera, che presenta soffici nuvole sospese, uno specchio con al centro una scatola e sassi a terra ci invita a far parte di essa. Avvicinandoci però, ci rendiamo conto che non è possibile vedere il nostro volto riflesso, si può vedere solo il nostro corpo. Con questa eccezionale capacità evocativa l’opera racconta il difficile rapporto di Pasolini con la sua sessualità. Colui che si riflette, ma non riesce a vedere il proprio volto, è di fatto il racconto breve e intenso di un corpo considerato estraneo alla società e pertanto il volto diventa quello di un criminale da perseguire e condannare ed i sassi a terra rievocano la parabola dell’adultera: siamo noi quegli uomini senza peccato che possono scagliare contro la prima pietra.”
Viene premiato per la pittura Giuseppe Rizzo Schettino. Ancora la Ferretti: “Fiorentino, laureato in Architettura coniuga la professione con l’attività pittorica. Dal punto di vista stilistico la sua pittura materica è il prodotto di una ricerca che tende a coinvolgere il gesto pittorico in una sintesi espressiva profonda. L’opera convince per l’eccezionale capacità di rappresentare la cornice storica della capitale negli anni Cinquanta, quando Pier Paolo Pasolini racconta delle periferie violente ed abbandonate delle borgate e riporta in Ragazzi di vita il gergo dei ladri e delle prostitute. In una società bacchettona e democristiana il poeta apre un portale di luce e trasforma i suoi ragazzi in “protagonisti etici”. Pasolini che proietta la sua lunga ombra capovolta a terra ricorda l ‘Ombra della sera, una statuetta votiva etrusca proveniente da Volterra”. Per la sezione scultura vince con Pietas Ivana Barscigliè di cui scrive la nostra critica d’arte: “Scultrice e ceramista Ivana Barscigliè, figlia d’arte, ci dona un ritratto intenso tra realismo ed espressionismo che trattiene l’eco drammatico della scultura della Borgogna, del gotico d’oltralpe e della grande lezione di Donatello e Niccolò dell’Arca. Il ritratto ricorda il volto del veggente Pasolini che di sé scrisse “sono piovuto su questa terra senza possibilità di governare il mio destino”. Intellettuale scomodo nell’immediato secondo dopoguerra tanto fece parlar di sé per le sue dichiarazioni sul sistema del potere contemporaneo (tra comunismo e le forze più avanzate del cattolicesimo italiano), sullo sviluppo senza progresso del nostro Paese, sul sesso e sul dolore nel vedere la mutazione antropologica cui vanno incontro le nuove generazioni per il degrado dell’omologazione scaturita dal consumismo borghese. Calzanti per la lettura di questa scultura sono le parole dello stesso Pasolini: “Io sono una forza del passato […] Mostruoso è chi è nato dalle viscere di una donna morta. E io, feto adulto, mi aggiro più moderno di ogni moderno a cercare fratelli che non sono più”.”
Un ringraziamento, oltre a tutti gli artisti che hanno aderito, va al Comune di Pisa per il patrocinio con l’Assessorato al Turismo guidato da Paolo Pesciatini, a Pierpaolo Magnani Assessore alla Cultura per essere intervenuto, alla struttura Officine Garibaldi e alla Cooperativa Paim, per il supporto fisico all’iniziativa. Oltre i personaggi intervenuti, Aurelio Amendola e Italo Moscati, intendo ringraziare in special modo Laura Luciano per la curatela, coadiuvata da Giulia Cantini, Veronica Ferretti per la stesura dei giudizi e la giuria, il Professor Luciano Carini per la selezione degli artisti, e Anna Sticco per l’intervento sul rapporto amoroso di Pasolini con Maria Callas. Ringrazio la giornalista Marilena Spataro con l’Associazione Logos, e gli sponsor come Francesco Sanzà, Private Family Banker per Mediolanum, il forno Mopy di Marina di Carrara, BeBeez Magazine, i fondi d’investimento, a sostegno di ARTinGENIO, Fortitude 1780 e MDC Investments, diretti da Stefano Rusca.