Venerdì scorso, 10 novembre 2017, è stato presentato al Manhattan Center di New York il Calendario Pirelli 2018 realizzato da Tim Walker. Per la 45esima edizione del Calendario, scattata a Londra lo scorso maggio, il fotografo britannico ha utilizzato il suo inconfondibile stile, fatto di scenografie fuori dal comune e motivi romantici, per ‘rivisitare’ una delle storie più classiche della letteratura anglosassone: quella di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie. A ispirare il suo racconto per immagini è stata non solo la fantastica storia di Lewis Carroll, ma anche e soprattutto le illustrazioni che lo stesso Carroll aveva affidato a John Tenniel già in occasione della prima edizione del 1865 e che nel Calendario Pirelli 2018 si trasformano in 28 scatti realizzati in 20 diversi e straordinari set di un nuovo Paese delle Meraviglie. Si veda il comunicato ufficiale. “La storia di Alice – ha spiegato Walker – è stata raccontata un’infinità di volte e volevo andare alla genesi dell’immaginario di Lewis Carroll in modo da poterlo raccontare nuovamente dall’inizio. Volevo trovare un punto di vista diverso e originale”. Per realizzare la propria interpretazione di Le avventure di Alice nel Paese delle Meraviglie, Walker ha ritratto un cast composto da 18 personaggi, alcuni già affermati e altri emergenti, tra i quali musicisti, attori, modelle, attivisti politici. Sono la modella sudanese-australiana Adut Akech, la modella e attivista femminista ghanese-britannica Adwoa Aboah, il modello senegalese-tedesco Alpha Dia, l’attore e modello beninese-americano Djimon Hounsou, la modella sudsudanese-australiana Duckie Thot, l’attivista gambiana per i diritti delle donne Jaha Dukureh, il modello britannico King Owusu, il rapper e cantante americano Lil Yachty, l’attrice messicana-keniota Lupita Nyong’o, la top model e attrice britannica Naomi Campbell, l’attore, personaggio televisivo e cantautore RuPaul, l’attrice americana Sasha Lane, il rapper, cantante, compositore, attore, produttore discografico e imprenditore Sean “Diddy” Combs, la modella americana Slick Woods, la modella e avvocatessa sudafricana Thando Hopa, l’attrice, comica, autrice e conduttrice televisiva Whoopi Goldberg, il modello britannico Wilson Oryema e la stilista, designer e cantante britannica Zoe Bedeaux. Insieme costituiscono un all black cast, come già era avvenuto nel Calendario del 1987, quando il fotografo britannico Terence Donovan ritrasse cinque bellissime donne nere, tra le quali la sedicenne Naomi Campbell e la modella, scrittrice e attivista Waris Dirie. Per realizzare il proprio Calendario, che segue quello scattato lo scorso anno da Peter Lindbergh, Walker ha collaborato con due artisti altrettanto di spicco: Shona Heath, una delle più affermate direttrici creative e scenografe in Gran Bretagna, e l’icona della moda Edward Enninful, lo stilista che ha creato gli elaborati costumi di questa edizione. A Shona Heath si devono le straordinarie messe in scena e installazioni che hanno permesso la narrazione creativa di questa versione di Alice nel Paese delle Meraviglie. Elementi del racconto che fanno ormai parte dell’immaginario collettivo vengono qui rovesciati: il Bianconiglio, ad esempio, diventa un coniglio nero, mentre le rose rosse della Regina vengono dipinte di nero dalle Carte da Gioco. “Ho cercato di trovare sempre nuove cose da capovolgere, di mettere in discussione il significato della storia e i suoi momenti importanti, di diversificarli il più possibile. In realtà stiamo dando un messaggio molto chiaro che resta profondamente fedele alla storia originale”, dice la Heath. Commentando il suo contributo al Calendario di quest’anno, Enninful osserva: “È molto importante che la storia di Alice venga raccontata a una nuova generazione. Le sue Avventure nel Paese delle Meraviglie echeggiano il mondo in cui viviamo, gli ostacoli che dobbiamo superare, l’idea di celebrare la diversità. Crescendo a Londra, mi ritrovavo spesso a vivere in un mondo fantastico di fiabe e storie del mistero. Alice è sempre stata uno dei miei personaggi preferiti. Ho sempre sentito di essere accanto a lei nel suo viaggio attraverso il Paese delle Meraviglie, e tutti gli straordinari personaggi di quel mondo sono diventati come amici… be’, tutti tranne la tremenda Regina e i suoi boia. Oggigiorno vedere un’Alice nera significa che i bambini di ogni razza possono abbracciare l’idea di diversità fin dalla più tenera età e rendersi conto che la bellezza ha una quantità di colori diversi. Viviamo in un mondo culturalmente disparato. Progetti come questo straordinario Calendario Pirelli dimostrano che esiste ancora speranza in quella che a volte ci appare come una realtà sempre più cinica”. Per Robert Douglas-Fairhurst, professore di letteratura inglese all’Università di Oxford e membro della Royal Society of Literature autore del saggio Being Alice (allegato alla cartella stampa), “interessante è il rifiuto, da parte di Tim Walker di ridurre il Paese delle Meraviglie a un reperto di kitsch vittoriano”. Nel suo saggio Fairhurst sottolinea come “sebbene il nome “Paese delle Meraviglie” sembri indicare un luogo magico e spensierato, a restare impressa nei bambini che la leggono per la prima volta è spesso la paura che suscita in alcune parti. Perfino Alice si ritrova minacciata dal suo stesso sogno. Quasi tutte le creature che incontra sono più scontrose che affettuose”. “Ma naturalmente al centro di tutto ci sono le fotografie di Alice. Ancora Alice. Qui non è più una bambina, ed è interpretata da una modella di una bellezza soprannaturale (Duckie Thot) la cui storia personale di figlia di genitori sudanesi rifugiati in Australia la rende l’ideale incarnazione moderna dell’inquieta e sradicata eroina di Carroll. Al tempo stesso, il Calendario Pirelli nel suo complesso offre la perfetta dimostrazione del fatto che la storia di Lewis Carroll rimane un work in progress. Prova che il Paese delle Meraviglie è un universo in continua espansione”. I retroscena, le immagini dello shooting, le storie e i personaggi del Calendario Pirelli 2018 possono essere scoperti sul sito dedicato, www.pirellicalendar.com, che consente ai visitatori di esplorare la storia di più di 50 anni di The Cal con filmati, interviste, fotografie e testi inediti.
FOTOGRAFO TIM WALKER, STYLIST EDWARD ENNINFUL, SCENOGRAFA SHONA HEATH, CAST ADUT AKECH: LA REGINA DI QUADRI; ADWOA ABOAH: TWEEDLEDEE; ALPHA DIA: IL CINQUE DI CUORI/UN GIARDINIERE; DJIMON HOUNSOU: IL RE DI CUORI; DUCKIE THOT: ALICE KING OWUSU: IL DUE DI CUORI /UN GIARDINIERE LIL YACHTY: LA GUARDIA DELLA REGINA LUPITA NYONG’O: IL GHIRO NAOMI CAMPBELL: UN BOIA REALE RUPAUL: LA REGINA DI CUORI SASHA LANE: LA LEPRE MARZOLINA SEAN “DIDDY” COMBS: UN BOIA REALE SLICK WOOD: IL CAPPELLAIO MATTO THANDO HOPA: LA PRINCIPESSA DI CUORI; WHOOPI GOLDBERG: LA DUCHESSA REALE; WILSON ORYEMA: IL SETTE DI CUORI/UN GIARDINIERE: ZOE BEDEAUX: IL BRUCO; JAHA DUKUREH: UNA PRINCIPESSA DEL PAESE DELLE MERAVIGLIE.
INTERVISTA A TIM WALKER
Pensa che per Tim Walker fosse giunto il momento di fare un calendario Pirelli? È una cosa che ho sempre desiderato, ovvio. Trovo interessante il fatto che quando guardi una fotografia di un Calendario Pirelli sai quando è stata scattata; è sempre molto attuale. E poi mi piace che, guardandolo, capisci che i fotografi hanno avuto la libertà di esprimere la loro immaginazione visiva. Vogliamo parlare dei processi mentali alla base delle sue idee e di come ha cominciato a formularle? La storia di Alice è stata narrata innumerevoli volte; un paio di anni fa un amico mi ha regalato il libro con le illustrazioni originali che non avevo mai visto prima. Di colpo mi ha riportato ad Alice e a ciò che Lewis Carroll aveva fatto, volevo tornare alla genesi dell’immaginazione di Lewis Carroll, così da poterla raccontare di nuovo dall’inizio; non volevo essere influenzato dall’interpretazione della Disney o di Tim Burton, volevo tornare al cuore dell’immaginazione, ed è proprio quello che ha fatto l’autore affidando a John Tenniel le illustrazioni da interpretare. Lei dice che, in origine, la storia era molto più cupa. Penso che, per ragioni culturali, negli ultimi cinquant’anni abbiamo inzuccherato le fiabe. I bambini riescono veramente a capire e a percepire la cupezza, tanto quanto la leggerezza. Ed è una cosa che Lewis Carroll aveva perfettamente capito, e forse è per questo che la storia ha una grande risonanza. Non direi che i suoi lavori vengano giudicati cupi, ma le sue immagini sono state definite di una bellezza strana. La bellezza si trova in molte cose diverse, a volte qualcosa che muore e si decompone è bello come qualcosa che è appena nato. Penso che sia un concetto sbagliato concentrarsi solo sul lato più leggero. Quand’è che per lei la collaborazione con altre persone di talento è più una questione di sensazioni, cultura, comprensione? In uno shooting come questo, impari a ottenere il massimo dalle persone, a far capire loro che cosa vuoi fare. È una collaborazione, lavori con tutti gli altri per tirare fuori il meglio che possono fare, con l’obiettivo che le tue fotografie siano più belle possibile. Quando penso alle immagini voglio sempre vedere qualcosa che non ho mai visto prima. È la priorità assoluta. Cerchi sempre di creare una fotografia che non hai mai visto, ma che ti ricorda qualcosa che magari hai già visto. E penso che lo scambio di idee sia veramente importante. Così guardi il lavoro di un fotografo, di un artista, di un cineasta, e hai in mente una storia che hai letto da qualche parte, e poi mescoli il tutto, e riesci a creare qualcosa di completamente nuovo. La collaborazione con Shona Heath… Shona è la maestra del set, aggiunge molto di più di quanto sia capace di fare io. Quindi se io ho una determinata visione lei la mette in discussione, la mette in dubbio e mi rivela riferimenti che magari non ho colto prima. Ha un senso del colore come nessun altro. La sua cura per i dettagli è impareggiabile. A suo parere la mancanza di dedizione assoluta e di passione verso un progetto viene percepita dal pubblico? Penso che la fotografia sia una sorta di apparizione, qualcosa di molto magico e in un certo senso intangibile, non esiste veramente ma se ci credi davvero hai la capacità di renderla vera e di farla apparire. La fotografia funziona al meglio quando sembra spontanea. Quando è troppo elaborata perde forza, perché penso che le fotografie siano vitali quando hanno quasi una sorta di errore, e quando sono scattate spontaneamente e si percepisce un’immediatezza. Quando lavora, pensa di voler raggiungere uno stato di grazia? Alcune delle fotografie più famose di tutti i tempi non sono per niente elaborate. Molte fotografie di guerra che ricordiamo sono frazioni di secondo che sono passate e fuggite via, penso che sia così che funziona la fotografia, questione di istinto, velocità e caos. Molte delle fotografie che scatto sono per certi versi una lettera d’amore a ciò che è stato fatto prima, per cui sono come un ponte con il passato, un riconoscimento a chi ha innovato prima di me. Tornando brevemente al casting, per lei si è creato un equilibrio molto interessante tra le persone con cui ha lavorato? Le scene con Sean “Diddy” e Naomi sono state caotiche. Un caos positivo, auspicabile. Una cosa che ho scoperto, da fotografo, è che quando non hai il controllo totale della situazione il risultato è migliore. Perché ti affidi all’istinto e cogli velocemente quello che accade. Non puoi portare idee, interpretazioni culturali o il peso di qualcosa in uno shooting. Non puoi arrivare sul set e cominciare a scattare fotografie facendoti troppe domande su come verrà…istinto, è questa la chiave. E con il Calendario pensa di aver ottenuto quello che sperava? Un fotografo non è mai soddisfatto, il risultato potrebbe essere diverso, ma sono molto contento delle immagini che ho scattato, ne sono davvero orgoglioso.
INTERVISTA A SHONA HEATH
Come ha creato la visione per le scenografie del calendario di quest’anno? Siamo sempre partiti dalle illustrazioni di John Tenniel, poi per prima cosa abbiamo dissezionato la composizione dello scenario, per capire come ottenere una sorta di tableau credibile. E poi abbiamo scomposto in elementi e materiali; ovviamente non si poteva trovare un dodo, dunque come ricrearlo? Alla fine abbiamo deciso di realizzare un collage di diversi pezzi di dodo presi dalle banche di immagini. Avevo un airone di ceramica nel mio studio che abbiamo fotografato; abbiamo preso l’ala e l’abbiamo inserita. Aveva una sorta di attinenza con alcuni dei pezzi più scultorei e architettonici che avevo inserito nella scenografia. Quindi il dodo doveva essere adeguato al nostro mondo, non potevamo semplicemente prendere una vecchia immagine qualsiasi di un dodo, doveva essere la migliore. In che cosa è diversa la vostra versione della storia di Alice? Avevamo visto la storia raccontata moltissime volte per immagini, nei decenni, per cui ci siamo chiesti che cosa avrebbe potuto portare la nostra Alice in un posto diverso. Grazie a un cast completamente di colore abbiamo potuto giocare a sconvolgere alcuni elementi esistenti, per esempio il coniglio che di solito è bianco, mentre qui è nero. Poi c’è la famosissima scena in cui, nella storia originale, i giardinieri carte dipingono rose bianche di rosso, mentre nella nostra dipingono rose rosse di nero. Ho cercato di trovare sempre nuove cose da capovolgere, di mettere in discussione il significato della storia e i suoi momenti importanti, di diversificarli il più possibile. In realtà stiamo dando un messaggio molto chiaro che resta profondamente fedele alla storia originale. In che modo ha cercato di abbinare personaggi e scenografie? Suppongo che il modo in cui i personaggi si inseriscono nella scenografia sia più questione di narrativa, di mondi e di tableau che volevamo creare. A volte non è stato così organizzato da imporre una situazione. Abbiamo scambiato alcuni personaggi, alcune delle persone che pensavamo dovessero interpretare il re non andavano bene, c’è stata un’evoluzione. È il genere di lavoro che aspirava a fare? Avevamo il tempo, le risorse e un fantastico punto di partenza, l’idea era stupenda e non stiamo pubblicizzando niente, stiamo soltanto presentando una storia fantasiosa in modo creativo, per cui direi che dal punto di vista del lavoro creativo non si potrebbe chiedere di meglio; mi ritengo molto fortunata, sì.
INTERVISTA A EDWARD ENNINFUL
In che modo è stato coinvolto nel progetto del calendario di quest’anno? Tim mi ha chiamato e mi ha detto che stava lavorando a un progetto per Pirelli. Mi ha chiesto se mi interessava e naturalmente, trattandosi di Pirelli e di Tim Walker, non ci ho pensato due volte. Ho accettato, e Tim mi ha spiegato di cosa si trattava e ne sono rimasto completamente conquistato. Sembrava un’idea semplicissima, riraccontare Alice nel paese delle meraviglie con personaggi tutti di colore. È questo il bello di Tim, solo lui è capace di escogitare qualcosa di così incredibile. E l’idea mi ha entusiasmato al punto che da quel momento per me è stato un progetto appassionante. E i mondi di Tim sono tutti fantastici e mitici. C’erano dei disegni stupendi e Tim sa trovare le parole giuste: “Per Alice e per il cast pensa agli anni ’80 e allo stile giapponese”, mi dice, e io allora penso a forme staccate dal corpo, a grandi spalle, vite ben strizzate, e lavoro con i toni dei marroni e cerco di evitare determinati colori. Per cui è stato un viaggio magico, ed è tipico di Tim, ma questo è stato veramente incredibile, sono felice di essere stato coinvolto. Penso che questa rivisitazione sia perfetta per i tempi in cui viviamo, con quello che succede nel mondo e tutti i discorsi sulla diversità. Questo progetto ha permesso a Pirelli di inserirsi veramente nel dibattito. È un altro motivo per cui ho trovato così geniale questa partnership con Tim e Pirelli, il progetto è perfettamente in linea con lo zeitgeist. Ha provato una sensazione di forte coesione, collaborando con Shona e Tim e decidendo gli abiti? Su alcuni ho collaborato con Shona, perché dovevamo creare un mondo in cui i vestiti avevano elementi di costume ma erano comunque inseriti nel mondo reale. Puff, per esempio, indossa un completo rosso favoloso e porta ai piedi un paio di suoi stivali. Naomi ha una sorta di gabbia con sotto uno strato di lattice, era importantissimo che tutto si rapportasse anche al mondo di oggi. Le carte sono in scarpe da ginnastica, per cui è stato un bel balletto tra me e Shona. L’impulso creativo di voi tre è stato molto motivante. Quando sei sul set, c’è sempre una ricerca per trovare l’immagine giusta, e ho avuto l’impressione che Tim ci sia riuscito nei primi 20 minuti. In seguito ne abbiamo parlato, a volte quella ricerca può richiedere mezza giornata, a volte due giorni, ma poiché quel mondo era stato attentamente pensato fin nei minimi dettagli, nell’attimo stesso in cui Alice è stata “ingabbiata”, l’immagine era già pronta, il che succede di rado. È soddisfatto del cast? È stato un sogno poter conoscere alcuni dei miei eroi, come Whoopi Goldberg, RuPaul e Puff, un cast incredibile, e solo Pirelli può radunare tutte queste persone. Ho parlato con ognuno di loro e tutti hanno una grandissima considerazione di questo Calendario. Quando Whoopi è stata chiamata, la sua reazione è stata “Oddio, proprio io?”. Tutti sono stati entusiasti di partecipare. Ricordo che a un certo punto Puff ha commentato: “Questa sarà una cosa veramente incredibile, tutti quelli che non sono qui saranno arrabbiatissimi o gelosissimi”. Ho avuto l’impressione che per qualche giorno fossimo come in un bozzolo molto fervido, e credo che sia in questi casi che si ottiene il lavoro migliore, quando c’è quella profonda concentrazione. Lei ha affermato: “Non posso semplicemente arrivare e buttare vestiti a caso in una fotografia, devo avere un’idea del personaggio, di chi è, da dove viene. È quasi come un gioco da bambini, hai le tue bambole e crei dei personaggi, e la moda in questo mi ha assecondato”. Se ho un personaggio le possibilità sono infinite, come nel caso di Tim che mi chiama per dire: “Alice, riraccontata con un cast nero”. Riuscivo già a vederla, riuscivo a vederla ambientata in tutte le scenografie e posso dare molto di più a un’immagine se ho un’idea del personaggio. Per me è la cosa più importante, il personaggio viene prima di tutto il resto. Duckie (Thot) è incantevole. Duckie è stata spettacolare, magica. Ha una sorta di qualità ultraterrena, ti sfugge tra le dita, è presente ma è anche in un’altra dimensione, ed è la dote delle grandi star. È stata assolutamente incredibile, imperturbabile, sempre nel personaggio, sempre Alice. Ricordo che Tim mi ha chiamato per dire: “Senti, sto pensando a questa ragazza”. E io gli ho risposto: “È proprio il tipo che ti serve” e il giorno dopo ho ricevuto una email in cui mi diceva che avevo assolutamente ragione”. Quanto è importante sognare nel mondo d’oggi? Credo ancora nel potere della fantasia e della creatività. Penso che ora più che mai, con il mondo nello stato in cui si trova, ci sia bisogno di fantasia e di sogni. C’è un bisogno di evasione. Ci dev’essere qualcuno che ci offra una fuga dalla dura routine quotidiana del mondo, quindi adesso più che mai abbiamo bisogno di sognare.
TIM WALKER — BIOGRAFIA
Mese dopo mese, le fotografie di Tim Walker hanno incantato per più di un decennio i lettori di Vogue. Il suo stile inconfondibile è caratterizzato da messe in scena fuori dal comune e da ricorrenti motivi romantici. Dopo essersi concentrato per 15 anni sulla fotografia, di recente Walker ha cominciato a dedicarsi anche al cinema. Nato in Inghilterra nel 1970, Walker cominciò a mostrare interesse per la fotografia lavorando all’archivio della Condé Nast di Londra, dove prima dell’università si occupò dell’archivio di Cecil Beaton. Conseguita la laurea con lode in Fotografia dopo tre anni di studi all’Exeter College of Art, Walker si classificò al terzo posto al concorso Young Photographer of the Year del quotidiano The Independent. In seguito alla laurea nel 1994 cominciò a lavorare come assistente freelance a Londra, per poi trasferirsi a New York e diventare assistente a tempo pieno di Richard Avedon. Rientrato in Gran Bretagna, inizialmente si concentrò sulla realizzazione di ritratti e foto documentaristiche per alcuni giornali inglesi. All’età di 25 anni realizzò il suo primo servizio di moda per Vogue, e da allora ha proseguito a fotografare per le edizioni britanniche, italiane e americane del periodico nonché per W Magazine e LOVE Magazine. La sua prima mostra è stata ospitata dal Design Museum di Londra nel 2008, in contemporanea con la pubblicazione del libro Pictures da parte dell’editore teNeues. Nel 2010 il suo primo cortometraggio, The Lost Explorer, è stato presentato al Locarno Film Festival, e nel 2011 ha vinto il primo premio per il cortometraggio al Chicago United Film Festival. Il 2012 ha visto l’inaugurazione della sua mostra fotografica Storyteller presso la Somerset House di Londra. La mostra ha coinciso con la pubblicazione del libro dallo stesso titolo per l’editore Thames and Hudson. Nel 2013, in collaborazione con Lawrence Mynott e Kit Hesketh-Harvey, Walker ha inoltre pubblicato The Granny Alphabet, un’eccezionale raccolta di ritratti fotografici e illustrazioni in onore delle nonne.
Walker ha ricevuto nel 2008 l’Isabella Blow Award for Fashion Creator del British Fashion Council, e nel 2009 l’Infinity Award dell’International Center of Photography. Dal 2012 è Membro Onorario della Royal Photographic Society. Il Victoria & Albert Museum e la National Portrait Gallery di Londra ospitano sue fotografie nelle loro collezioni permanenti. Tim vive a Londra.