Intervista a Gianpiero Alighiero Borgia e il Teatro d’Arte Civile
I teatri sono stati silenziati. Cosa succede in questo momento?
“Nessuno lo sa. Abbiamo chiuso per primi e saremo gli ultimi a riaprire. Giustamente. È quello che succede a tutti i lavori che implicano assembramento, non mi pare corretto sentirsi in una condizione d’eccezione.
Semmai l’eccezione “teatranti” è endemica alla cultura del nostro Paese, dove il nostro non è mai stato considerato del tutto un lavoro. Questo è il rischio vero, l’aspetto che più mi fa paura: sport, ristorazione, turismo sono sempre stati ritenuti più necessari e importanti e se si dovranno fare delle scelte, noi teatranti potremmo essere considerato il superfluo.
Che succede? Nessuno lo sa e nessuno sa quando e come finisce.
È una condizione artisticamente interessante.”
Come ti stai organizzando e su cosa stai lavorando, compatibilmente con il fatto che la scena è vuota?
“Facciamo a distanza tutto quello che possiamo fare. Eravamo abituati. La compagnia ha collaboratori ovunque e il lavoro a distanza era già una prassi. Certo non possiamo dedicarci a training, improvvisazioni, workshop e scambi vari di sudore che sono fasi strutturali del nostro processo creativo, ma stiamo lavorando molto sull’ideazione e la progettazione, momenti altrettanto importanti. Abbiamo scoperto il tempo, e lo stiamo vivendo.”
In questo momento si può parlare di progetti? In particolare è credibile una ripresa per l’estate e cosa state mettendo in piedi come compagnia?
“No. L’estate no, non mi faccio illusioni. Di progetti sì, di idee nuove sì. Lavoriamo su padri separati, parenti abbandonati, vittime della prostituzione, miti greci, Mussolini e Matteotti. Il nostro processo è un laboratorio permanente, incentrato sull’errore. Lavoravamo già prima su questi materiali.
Dicevo prima che abbiamo scoperto il tempo, ce ne eravamo dimenticati.
Invece c’è, incide e chiede di entrare in tutti i progetti.”
Se dovessi rivolgere un appello cosa chiederesti per il teatro in questo momento e in particolare per le compagnie indipendenti?
“Quello che chiedo sempre: che venga considerato un lavoro come gli altri, con gli stessi diritti, tutele e doveri; che venga considerato alla stregua di un servizio pubblico per potersi emancipare un po’ da visioni troppo ‘mercatali’; che si sostengano sempre, ma ora più che mai, le fasi di formazione, ricerca e sviluppo come è normale nei paesi in cui la cultura è considerata un’industria.”
Se invece dovessi rivolgere un messaggio al pubblico, cosa rappresenta il teatro in questo periodo di confinamento e come può essere vissuto senza rinunciarvi del tutto?
“Succede anche nelle migliori storie d’amore. Penso che una pausa possa fare bene. A tutti. Possiamo ragionare su cosa c’è di unico nella nostra storia d’amore, fare ordine. Eliminare scorie, sgomberare i palcoscenici dal televisivo. Leggere di teatro. Soprattutto scrivere agli artisti e attraverso i social, parlare con loro, entrare nelle loro poetiche. Ritrovarsi come all’inizio della nostra storia d’amore: Innamorati!”
Facciamo un passo indietro per raccontare brevemente la vostra storia e la vostra idea di teatro.
“Facciamo Teatro d’Arte Civile. Questo dice tutto: lavoriamo sullo frontiera della creazione scenica d’attore, cercando di spostarla. Lo facciamo confrontandoci con la realtà, cercando di spostarla.”
C’è o ci sono degli spettacoli che avete realizzato e che ti sembrano dire qualcosa rispetto alla situazione presente?
“I nostri spettacoli parlano di crisi. Hanno sempre parlato di crisi, parleranno sempre di crisi. In questo senso tutti. In termini più esatti, anni fa abbiamo lavorato su un romanzo di Sergio Claudio Perroni, un genio misconosciuto, un amico morto suicida lo scorso anno. S’intitolava Non muore nessuno, parlava del punto, del territorio, del momento in cui le cose smettono di essere quello che sono e divengono altro e del desiderio degli artisti di dilatarlo all’infinito.”
In particolare avete lavorato sul cabaret politico: che spettacolo metteresti in scena idealmente oggi di fronte all’emergenza?
“Stiamo lavorando su MM Kabarett – Mussolini Matteotti Kabarett. Racconta l’Italia tra il 1914 e il 1924. Il tema è l’irrazionale nella politica, nel vivere della comunità. Penso vada benissimo.”
Ilaria Guidantoni