Livorno, città portuale, di passaggio, dalla parlata verace, lo stile marinaro, bombardata e ricostruita male dopo la Seconda Guerra Mondiale eppure la prima villeggiatura dei Fiorentini e dei Toscani nel Novecento, prima che Viareggio prendesse piede. Il 2021 è il centenario dalla nascita del partito comunista che ha visto la luce in questa città, dove la cultura e l’imprenditorialità sono andati a braccetto grazie soprattutto alla presenza di una borghesia ebraica di alto profilo. Città forse non bella nel senso più comune, soprattutto pensando alla realtà toscana, è una terrazza sul Mediterraneo di straordinario fascino, tutta da scoprire nelle viuzze e nei meandri, lungo i fossi, nei cortili. Livorno è soprattutto uno spirito e tante storie, disegnata quasi a tavolino nel Cinquecento dai Medici che la vollero superiore a Pisa, il naturale sbocco al mare di Firenze. C’è un luogo che ricorda il fascino di un tempo, il Grand Hotel Palazzo, sul lungomare, di fronte agli storici Bagni Pancaldi dove ad esempio nel 1912 c’è stata una grande esposizione d’arte dedicata ai Macchiaioli che qui hanno la loro patria.
Già nei primi decenni dell’Ottocento, grazie allo sviluppo del turismo balneare, Livorno era divenuta una meta molto frequentata dalla borghesia italiana e internazionale favorendo il sorgere di numerose strutture ricettive quali i Casini d’Ardenza, Palazzo Caprilli e il Grand Hotel Palazzo, ai tempi Palace Hotel. D’altronde proprio a quel periodo risale la splendida architettura liberty della città, soprattutto nei quartieri residenziali lungo mare e salendo verso il Santuario della Madonna di Montenero. Nel 1888 la realizzazione del vasto edificio fu voluta da Bernardo Fabbricotti e progettato da Enrico Azzatti, inaugurato già nel 1884.
Nel 1898 poi l’albergo fu chiuso e la nuova riapertura, nel 1904, non ebbe grande successo, a causa della crescente concorrenza turistica della Versilia. Durante la Seconda Guerra Mondiale subì forti danneggiamenti, ad esempio l’ala meridionale dell’immobile fino al 2004 quando furono avviati importanti lavori di restauro dopo l’acquisto da parte dell’imprenditore Andrea Bulgarella che hanno riportato l’edificio alle condizioni originarie nel 2008. Il direttore del palazzo, Costante Disanto, originario di Santeramo in Colle, in provincia di Bari – una lunga gavetta del quale va fiero perché è cominciando così e lavorando nei diversi ambiti del settore che si acquisisce l’esperienza necessaria a dirigerne le strutture – che ci ha accompagnato nella storia della struttura, ha evidenziato come il fascino di un soggiorno dal sapore antico, si coniughi con l’apertura internazionale che è una caratteristica da sempre della città di Livorno, aperta a religioni, culture e cucine diverse, e con un turismo d’affari che l’hotel sta incentivando sempre di più.
La posizione è spettacolare, a due passi dal Museo dei Macchiaioli di Villa Mimbelli, su un bel tratto della passeggiata a mare, proprio davanti alla Terrazza Mascagni e poco distante dall’Accademia Navale, un’eccellenza di fama internazionale, tanto che nell’hotel spesso vengono ospitati allievi o famiglie di questa istituzione prestigiosa dove recentemente, ci ha raccontato il direttore, sono arrivati allievi anche dal Qatar. L’impatto è grandioso, con una cancellata momumentale in ferro, smantellata prima della Seconda Guerra Mondiale e ricostruita durante l’ultimo restauro. Il prospetto si richiama ad un disegno neorinascimentale, e presenta forti analogie con i fronti non distanti di Villa Mimbelli, sede del museo dei Macchiaioli e Villa Fabbricotti, entrambe progettate da Vincenzo Micheli. Le ali laterali sono alleggerite mediante grandi serliane che si affacciano ai livelli superiori su ampi balconi mentre il corpo centrale presenta una serie di aperture a tutto sesto molto ravvicinate, precedute anch’esse da balconi fortemente aggettanti. Per quanto riguarda la copertura, l’ultimo restauro, ci ha fatto notare il direttore, ha permesso di valorizzare le piccole torri che caratterizzano la sommità dell’albergo, dove la tradizione vuole che Guglielmo Marconi abbia eseguito alcuni esperimenti sul telegrafo. Gli interni conservano il fasto e il fascino di altri tempi e all’ingresso è stato collocato un grande dipinto di Marc Sardelli raffigurante l’albergo nei primi anni del Novecento, oggi con 123 camere comprese sette suite e una suite reale.
Un hotel che racconta certamente un mondo, facendolo rivivere, ma anche un territorio. Qual è la vostra scelta?
“Nel restauro si è mantenuto lo stile di un’epoca e anche nella gestione è quello che cerco di fare così come nel rapporto con la città, tanto che abbiamo molti clienti per la Spa – che dovremmo riaprire a ottobre, pandemia permettendo – e per il ristorante Mascagni dall’esterno che sono livornesi. E’ un luogo internazionale ma della città, che con essa dialoga, a cominciare dalla cucina dove il gusto e la ricerca di una certa modernità sposa anche i piatti locali, primo tra tutti il Cacciucco alla livornese. I prodotti per la cura del corpo nelle camere sono Acqua di Bolgheri proprio perché racconta quel dialogo tra campagna e mare così tipico del nostro territorio, dal “Corallo”, che ha una tradizione in città, al “Cipresso”, albero simbolo della Toscana senza contare tutte le fragranze legate ai sentori del mare e della macchia mediterranea. Tra l’altro la nostra ultima apertura come gruppo Uappala, che ha sede a Livorno, è stata proprio l’Hotel Bolgheri a Bibbona.”
L’hotel può essere un’occasione di conoscere Livorno?
“Soprattutto per il turismo internazionale una struttura di questo tipo è già un ‘monumento’ da visitare e forse anche un amo da gettare per il turismo nazionale che rispetto a Livorno è spesso distratto. Tra l’altro la nostra clientela che ha certamente una componente importante tra gli stranieri, è principalmente interessata alla cultura e non tanto al mare. D’altronde un albergo come il nostro può contribuire a raccontare Livorno come città d’arte e cultura. Altro discorso per il target affari. Dal nome allo stile, il ristorante Mascagni è una finestra sulla cultura della tavola che qui è molto importante e ci racconta tante storie.”
L’hotel fa parte, come accennato del gruppo Uappala che ha due linee, la Collection come il Grand Hotel Palazzo – affiliato ad Accor – e la Club e sposa lo stile italiano alle esigenze internazionali. Sulla clientela internazionale Lei ha messo l’accento più volte. Ha esigenze specifiche?
“La mia carriera si è svolta quasi tutta all’estero e in molti paesi, come ad esempio l’Egitto, il direttore di un hotel è un punto di riferimento ben oltre i suoi compiti. L’estero è stato per me una grande palestra, basti pensare a Cuba dove gli alberghi sono di fatto del Governo che li controllano attraverso delle società e quindi la direzione impone rapporti con le istituzioni statali. Questo affina molte sensibilità. In generale lo straniero vive molto l’albergo che oggi deve offrire la possibilità di passarvi una giornata e una serata, trovando qualcosa da acquistare, da leggere, uno spazio esterno e uno interno dove trascorrere del tempo con servizi e intrattenimento, come la piscina sul tetto con un bar caffetteria praticamente sempre aperto o le sale meeting tutte dal nome evocativo, Marconi, Stucchi in riferimento allo stile Liberty, Mascagni, il celebre compositore livornese e Fattori, simbolo della nascita della pittura moderna in Italia. La sfida è appunto mettere insieme l’aspetto storico-culturale con la modernità dell’offerta.”
La suggestione del luogo lo ha reso un set cinematografico d’eccezione a partire da Cuori sul mare del 1949; nel 1977 compare come hotel Palace in Per questa notte; molte scene di Ricchi, ricchissimi, praticamente in mutande con Lino Banfi nel 1982 e nel 2003 col film 13dici a tavola, l’albergo ancora in fase di restauro, viene utilizzato per rappresentare l’ospedale in cui il protagonista, Giancarlo Giannini viene medicato in seguito a un incidente stradale.
a cura di Ilaria Guidantoni