La viticoltura in Italia non è solo un settore economico in espansione ma parte del patrimonio culturale. Il vino crea infatti un dialogo forte tra cultura ed economia perché non c’è delocalizzazione e la bottiglia è un richiamo per il turismo veicolo insieme di economia e cultura ancora una volta ed evocazione di ricordi per chi vive un territorio. Questa la convinzione con la quale il Gruppo Botter-Mondodelvino Argea ha presentato lanciato Argea presentando i risultati 2021 e le prospettive di fine anno e dei prossimi sviluppi a Milano a Palazzo Bovara. Una realtà nata da un’idea del fondo d’investimento Clessidra che ha creato il Gruppo insieme alle famiglie Bottèr e Martini, che hanno portato la dote, diventando così una realtà di aggregazione. “Il nome Argea – ci ha raccontato il Direttore Marketing & Comunicazione Enrico Gobino – è un neologismo di origine classica. La scelta strategica è infatti quella di non ricorrere a termini inglesi utilizzando un nome circolare che inizia e finisce per ‘a’, la prima lettera dell’alfabeto che segna sempre un inizio, richiamando la prima parte di ars, arte e tecnica insieme secondo l’uso greco e ghe, gea, la terra da dove nasce l’attività” Il Gruppo giocando sulla ‘a’ intende essere un polo di aggregazione, accessibilità, armonia e accelerazione, con un posizionamento di qualità ma per ‘tutti’ i consumatori, con un radicamento sull’Italia, nelle aree, rispettivamente, di Piemonte, Emilia Romagna, Veneto, Puglia e Sicilia, con ambizioni che a breve potrebbero estendersi in altre parti della penisola. Tutto dipenderà però dalle sinergie che si attivano localmente. In termini di export i mercati più importanti sono il Nord Europa, l’Europa Centrale e il Nord America che a livello di fatturato è in testa con buone possibilità di crescita (attualmente pesa per 103 milioni di euro con una potenzialità di crescita fino a 165 milioni di euro); da tener d’occhio il Far East con un’attenzione specifica alla Cina dove il Gruppo è presente a Shanghai con una joint venture con un partner locale che, dopo la pandemia, viene ritenuta una black box. Il Paese ha una tradizione millenaria nella cucina e da qualche decennio ha mostrato di apprezzare molto il vino italiano. “Qui – ha sottolineato Gobino – il prodotto italiano è riconosciuto come veicolo essenziale di una cultura apprezzata anche se c’è stata un’evangelizzazione nel settore
presidiata dai francesi nel settore main stream. Il mercato locale è molto polarizzato tra il segmento decisamente alto e quello molto economico. Per l’Italia esiste una grande potenzialità d’intervenire soprattutto in termini di diffusione della cultura e della formazione e in questo senso le associazioni di categoria possono svolgere un ruolo essenziale.”
La concertazione del lavoro con il territorio e la natura della domanda creando un abito sartoriale è d’altronde la filosofia produttiva del Gruppo che opera nel 91% con il prodotto in bottiglia, nel 6% dei casi con Bag in box, per promuovere un’attenzione all’ambiente che in alcuni paesi è tra l’altro premiante e per un 3% nei formati alternativi. I fattori centrali sono rappresentati dalla sostenibilità, sia in termini di valorizzazione dell’ecosistema sia di accompagnamento alla transizione economica di tutta la filiera e la personalizzazione appunto dell’offerta “mettendo insieme innovazione, tecnologica in particolare, tradizione e stile italiano e il gusto che emerge dalla domanda dei diversi mercati”. Forte è la valorizzazione del prodotto come fosse opere artistiche mantenendo la personalità dei singoli brand e dei territori all’interno del Gruppo come “Brilla” per il Veneto che richiama il Prosecco, ormai una vera bandiera della spumantistica italiana, accanto al “Cuvage” con l’Alta Langa, territorio culla del metodo classico italiano e l’Asti Spumante con “Acquesi” considerata la posizione originale del Belpaese nel mondo delle bollicine aromatiche. Per fare un altro esempio che risponde bene alla varietà territoriale e quindi culturale dell’Italia, si è valorizzata l’Albana di Romagna perché la prima docg italiana nata a cavallo degli anni Settanta; e ancora in Sicilia la tenuta Barone Montalto nella zona di Gibellina, nata nel Duemila, ha sposato un momento di rilancio della regione nel settore confermando la vocazione all’export.
La convinzione della centralità della dimensione culturale ha spinto alla realizzazione di un Museo del vino nella sede vicino Cuneo ispirato alla Cité di Vin di Bordeaux che diventa ambasciatore non solo di un Gruppo ma di un territorio.
a cura di Ilaria Guidantoni