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A Firenze prende il via un’iniziativa singolare, che ha il sapore della casa, in una dimora storica, Casa Botticelli, poco distante da Palazzo Pitti, dove ha abitato la scrittrice inglese Elizabeth Barrett Browning, amica di Virginia Woolf.
E’ un ciclo di mostre denominate Camere con vista sull’arte, dato che oggi questa residenza è adibita a Maison d’hôtes.
L’iniziativa ha coinvolto come protagoniste tre artiste, rispettivamente la pugliese Lucia Damerino, che ha aperto il sipario e sarà in scena fino al 7 novembre; Muia Parapini, che inaugurerà la sua personale l’11 novembre; e Daniela Mezasigara che debutterà infine il prossimo 2 dicembre.
Lucia Damerino, continua il suo ciclo sul tema delle mutazioni, attraverso quello che l’acqua imprime sugli oggetti immersi, un progetto nato durante la pandemia con i vestiti da sposa, che prosegue declinando le sue Camere d’acqua con i ricordi legati alla sua infanzia e a oggetti del passato che hanno inciso nella sua vita. Le opere esposte sono 11, foto Fine Art montate su Dibond, una lamina di alluminio leggera, sulla quale viene incollata una lastra in plexiglass che enfatizza l’effetto liquido che evoca l’immersione in acqua.
Clicca qui sopra per vedere il video su Camere d’acqua
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Colpisce nella serie presentata in ambienti caldi che respirano la storia, la trasfigurazione di oggetti comuni e volti, a cominciare dall’artista stessa che si immerge in acqua, con un effetto onirico, di grande delicatezza e potenza insieme.
La foto che ci accoglie all’ingresso rievoca l’infanzia pugliese quando in estate a Martina Franca dove si univa ai tanti cugini sulle terrazze venivano disfatti i materassi in lana e l’interno lavato e messo ad asciugare al sole. È l’artista stessa che si ritrae nell’acqua in quest’operazione con una vestaglia in raso che lei stessa ha cucito disfacendo vecchi copriletti.
Poi del ciclo Costellazioni, alludendo alle costellazioni familiari, tre foto dove i suoi nipoti giocano il ruolo dell’artista e dei cugini nelle estati allegre. Qui la rievocazione della richiesta di una bambola e la sua delusione quando ha ricevuto un calcetto.
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Poi ci sono dei capitoni, pesce usato la Vigilia di Natale e trasfigurato in un gioco ammiccante dove una figura maschile indossa una sottoveste, tipica dell’infanzia di Lucia.
Dedicata ai migranti l’opera del ciclo Camere d’aria, quelle che si utilizzano per respirare e galleggiare in acqua e che prendono il volto leggero di nastri che danzano.
Di grande impatto, come una natura morta, la composizione di un cappello, il suo, un abito di tulle di un’amica con la quale ha condiviso un lungo percorso di vita e un paio di scarpe appartenute al fidanzato che ha perso dopo molti anni di vita insieme.
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Infine spicca nella sala da pranzo, racchiuso in un tipico mobile toscano imponente, seicentesco, con le ante aperte, un’opera quasi monocroma rossa: sono tute da meccanico dell’Alfaromeo e Ducati ed evocano il padre dell’artista che per passione comprava e vendeva auto usate e passava molto tempo nell’officina di un amico che ha deciso di regalare delle tute a Lucia.
L’opera che conclude l’esposizione ha insieme un sapore pop e una grande classicità come le foto di Lucia, omaggio alla memoria e lavoro sul tempo che passa, conserva, trasforma e deforma ma non riesce a cancellare.
A cura di Ilaria Guidantoni