La prima edizione di Panzano Arte promuove il territorio con una riflessione sul tempo.
Panzano Arte 2019, la prima edizione, per un marketing del territorio che intrecci artigianato e arte, nasce da un’idea di Dario Cecchini, “il macellaio che declama Dante” con la curatrice Mila Sturm e presenta Nathalie Decoster, artista parigina, con un percorso di 30 opere, disseminate sul territorio dal 22 giugno al 18 settembre 2019.
Grandi sculture conducono il visitatore dall’ingresso al paese, in vari luoghi per giungere a quattro importanti aziende vinicole della zona, partner dell’esposizione: Fontodi, Fattoria Casenuove, Renzo Marinai e La Massa; importante anche il contributo della Fondazione Caris.
Sulla scia di precedenti importanti, a partire da quelli organizzati negli anni Ottanta da Luciano Pistoi al Castello di Volpaia che hanno trovato una loro continuità in Arte all’Arte, per proseguire con Tusciaelecta, nata negli anni Novanta, Panzano Arte, che avrà una cadenza biennale, rinnova il connubio tra arte contemporanea e luoghi paesaggisticamente suggestivi per incentivare un turismo colto.
Le opere raccontano, attraverso il personaggio del messaggero – una sorta di firma che rende riconoscibile le sue opere, una grammatica che, ci ha confessato, ha costruito nel tempo – la fragilità dell’uomo, la voglia di cantare la vita in un’empatia con il territorio e gli abitanti: una dimensione di condivisione che invita a prendere il tempo, a staccare dalle incombenze quotidiane, senza rincorrere la frenesia dei tempi moderni e a considerare la fragilità dell’uomo, quella figura appena abbozzata e grezza, non come un limite ma come un valore.
Una sorta di antimodernità, alla base anche della filosofia del Festival, iniziativa dell’Associazione no-profit Panzano Arte, che è il sogno di una vita di Dario Cecchini, padrino della manifestazione. Cecchini, primo toscano a comparire come protagonista nella sesta serie del fortunato ‘Chef’s Table’, realizzato da Netflix, dedicato alla vita dei grandi chef e ristoratori internazionali, ci ha raccontato la voglia di recuperare l’intreccio tra artigianalità e arte, tipica delle botteghe del Rinascimento. Non riusciva a chiudere il cerchio finché l’incontro con Mila Sturm nel novembre del 2017 ha trovato la giusta risposta e la decisione di presentare Nathalie Decoster, ha raccontato la curatrice, “è sembrata naturale. Artista, già nota all’estero – sugli Champs-Elysées sono state installate 9 grandi sculture nel 2009 – dallo spirito libero e indipendente, riassume nel suo umanesimo moderno tutti quelli che sono i presupposti del Festival”.
L’artista in questo momento è presente alla Biennale di Venezia (dov’era già stata ospite anni fa) a Palazzo Morosini con il contributo delle Generali dove ha realizzato una grande piramide in vetro di Murano alla cui sommità è posto il messaggero che indica la fragilità umana. Il suo personaggio, quasi un simbolo, ci ha confessato, ironicamente denuncia quello stato di precario equilibrio, di sospensione che definisce la condizione umana.
“Non sono così interessata all’essere maschio o femmina ma all’essere uomo in quanto tale, nella sua condizione universale, un equilibrista sul filo, anzi su geometrie e dentro geometrie, che sono cerchi e cubi, figure ‘perfette’, rimando al senso di protezione, eppure strutture aperte.”
In Italia è presente anche a Villa Lario sul Lago di Como con un’esposizione sia all’interno della villa sia all’esterno in una dimensione molto intima, così come a Ugento in Puglia in un palazzo importante con una scultura monumentale che rappresenta la libertà, un altro dei temi fondamentali della sua arte. Nathalie Decoster, ama stare nei grandi luoghi rappresentativi, come nei palazzi importanti e allo stesso tempo nei luoghi popolari come sugli scalini di una chiesa, come accade a Panzano. Sono diversi i materiali che usa, dal bronzo all’alluminio e acciaio, quasi senza colore. L’alluminio è un materiale che Nathalie trova molto interessante perché riflette la luce anche se è una sfida lavorarlo: per farlo ha utilizzato la tecnica della cera persa, la stessa che si impiega per il bronzo, solo con maggiore difficoltà perché nel caso di un errore è più difficile riprendere il materiale e riplasmarlo.
Quanto al colore cosa può dirci?
“Lo uso solo in alcune immagini che sono sui muri di Panzano, il mio ritratto o le mie mani che colano gesso, per dare forza ad un progetto globale. Utilizzo solo il rosso per colorare, perché è il colore della vita; non si tratta però di un rosso qualsiasi, è una tinta che non si trova in commercio. L’ho realizzata io stesso nella fonderia della quale mi avvalgo, dandogli una particolare luce, come ci fossero all’interno delle striature, delle luminescenze”.
Il percorso in un periodo in cui il concetto va molto di moda, indica l’idea di un progetto, di continuità di un viaggio che lo spettatore compie insieme all’artista, il senso di partecipazione. La prima tappa è all’ingresso di Panzano con Incontro nel tempo dove due personaggi si incontrano ognuno nel suo cerchio, con l’idea che la vita spesso presenta occasioni, incontri casuali, che possono diventare un appuntamento, per dirla con Borges, addirittura cambiando la vita ma ci vuole attenzione. “Quest’opera, ha precisato la Decoster, che come tutti miei lavori intende soprattutto suscitare emozioni, è un invito ad aprirsi alla vita, fermandosi e guardandosi intorno”.
In fondo, come ha sottolineato Dario Cecchini, abbiamo sempre più bisogno di “pellegrini di bellezza” e mettendosi in cammino si incontrano, tra gli altri, i Saute-Mouton, “omini” rossi sugli scalini della chiesa che vogliono strizzare l’occhio come altre opere alla nostra infanzia, a quello che resta della dimensione giocosa, come nell’opera presente a Villa La Massa. Poco distante Marie, hommage à la femme. Presso l’azienda vitivinicola Renzo Marinai l’opera Venet, Venet – Hommage à Bernar, gioco di parole che in francese suona come “Venite, Venite (in realtà scritto “venez”) – Omaggio a Bernar, artista con il quale è stata spesso confusa ed ecco il lato giocoso dell’artista che esce. “In realtà le sue geometrie sono “imperfette” e disabitate ma visto che la gente ci ha spesso confuso, ho deciso di lavorare mettendo insieme le nostre idee. L’ispirazione da altri artisti non è nuova per me: l’ho fatto con César e Man Ray, essendo io stessa collezionista, oltre che artista. In quest’ultimo caso ho realizzato un metronomo con l’ago che segna il tempo in forma di messaggero, l’uomo che è trascinato dal tempo”.
Uomini che dondolano nei cerchi, in balìa della vita, fragili perché il solo vento può spostarli, nella serie delle opere dedicate alla Fragilità, quelle presso la Tenuta Casenuove.
Panzano Arte chiuderà il 18 settembre, subito dopo l’annuale Festa “Vino al Vino” che si svolgerà dal 12 al 15 settembre 2019 con 21 aziende panzanesi presenti, di cui il 90% segue la viticoltura biologica o biodinamica.
A cura di Ilaria Guidantoni