“Acciaierie d’Italia è la più grossa acciaieria d’Europa e sono convinto che il governo italiano darà il suo supporto. Certo è che la situazione ora è critica e trovare nuova liquidità è imperativo”.
Lo ha detto a BeBeez Federico Maria Alberto Caligaris, partner di CDI Global Italy, head of debt advisory, che parla a ragion veduta, visto che nei mesi scorsi si è occupato nella veste di advisor finanziario della strutturazione della cartolarizzazione da 1,5 miliardi di euro di crediti commerciali di Acciaierie (si veda altro articolo di BeBeez). Cartolarizzazione che era stata studiata per fornire alla ex Ilva la liquidità necessaria a finanziare il capitale circolante, ma che ora, nel mutato scenario politico-economico, non basta più e il gruppo infatti è a corto di cassa, non solo per la normale attività, ma anche per finanziare gli investimenti in ammodernamento degli impianti in ottica di minore impatto ambientale (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo che, a fronte di 3,4 miliardi di fatturato a fine 2021 (da 1,6 miliardi del 2020), il gruppo ha registrato un ebitda negativo per oltre 590 milioni (-520 milioni), sebbene finalmente con un utile netto di 310 milioni (da una perdita di 295 milioni) e a fronte di liquidità netta per 31 milioni e di un patrimonio netto di 557 milioni (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). Ma appunto poi il quadro macro-economico è cambiato.
“La società sta vivendo una crisi di liquidità da diverso tempo ma l’invasione russa in Ucraina ha peggiorato la situazione, perché la bolletta del gas è aumentata di quasi 8 volte dall’inizio del conflitto e questo ha avuto un impatto enorme sul capitale circolante”, ha spiegato Caligaris, sottolineando che “Acciaierie d’Italia paga i fornitori quando fa un ordine e questi si trovano sempre in posti lontani, come Sud America e Australia, quindi ci vogliono tempi lunghi di viaggio perché le materie prime arrivino in Italia. Dopodiché ci sono i tempi di produzione e infine quelli delle spedizioni ai clienti finali che a loro volta poi devono pagare, sempre con i loro tempi. Insomma tutto questo significa un ciclo lungo almeno 7 mesi, periodo durante il quale la società appunto ha solo esborsi e non incassi. E tutto questo diventa ancora più difficile quanto più la società sta cercando di aumentare la produzione per tornare a livelli pre-crisi Ilva”.
E, se è vero che a partire dalla scorsa primavera Acciaierie d’Italia sta incassando un flusso costante di capitale, grazie alla cartolarizzazione dei crediti commerciali futuri strutturata nei mesi precedenti, è anche vero che questi flussi si stanno rivelando insufficienti, perché nel frattempo lo scenario macroeconomico è appunto cambiato ed è necessario un nuovo intervento.
Caligaris in proposito ricorda: “Ci sono voluti 9 mesi per identificare il soggetto migliore con cui fare l’operazione, per strutturare i contratti e ottenere l’autorizzazione da parte di Banca d’Italia, visto che abbiamo strutturato il tutto nella forma di una cartolarizzazione con una società veicolo regolata che acquista via via i crediti commerciali e nel contempo emette bond garantiti da quei crediti, con i bond che sono distinti in due tranche, senior e junior, per la maggior parte sottoscritti da Morgan Stanley, ma anche da Kingstreet e altri investitori”. Tra questi, come rivelato da BeBeez lo scorso xx, ci sarebbe anche investitore che ha acquistato circa 10 milioni di euro di titoli, passando attraverso la piattaforma fintech Azimut Direct (si veda altro articolo di BeBeez). Ha continuato Caligaris: “Il montante iniziale è stato di 350 milioni, con le prime cessioni tra marzo e aprile scorsi, dopodiché è partita la fase revolving da circa 80 milioni di euro al mese per arrivare al totale di 1,5 miliardi di euro nell’arco dei 12 mesi”.
Ora, le cose sarebbero state meno difficili se nel frattempo lo scorso maggio si fosse proceduto come previsto all’aumento di capitale della società, per far salire di quota nel capitale il governo italiano e diluire l’azionista privato Arcelor Mittal, ma la Corte d’Assise di Taranto ha respinto la richiesta di dissequestro degli impianti dell’area a caldo dello stabilimento ex Ilvs, presentata all’inizio di aprile dai legali dei commissari di Ilva in amministrazione straordinaria e quindi, ha ricordato Caligaris, “i due soci hanno deciso di rimandare di due anni il passaggio del controllo al governo italiano”. Così le cose sono rimaste ferme, con Acciaierie d’Italia controllata da Acciaierie d’Italia Holding spa, a sua volta controllata al 62% dal gruppo ArcelorMittal (attraverso Am InvestCo) e al 38% da Invitalia. E, ha aggiunto però Caligaris, “visto che una parte dei soldi sarebbero serviti per portare avanti il piano di risanamento ambientale previsto e gli investimenti previsti per il periodo 2025-27, il governo Draghi aveva detto che avrebbe comunque messo sul piatto nel frattempo in qualche forma un miliardo di euro di capitali, che però non sono arrivati. Intanto la liquidità fornita dalla cartolarizzazione era stata tarata su piano industriale pre-invasione dell’Ucraina e Arcelor Mittal ora per la sua quota di capitale chiede 500 milioni di euro in più“.
Una via d’uscita rispetto a questa empasse potrebbe essere quella di collocare un greenbond, che vada a finanziare gli investimenti a medio-lungo termine collegati agli investimenti relativi al miglioramenti dell’impatto ambientale degli impianti, previsti dal piano industriale. “Un simile progetto era stato preso in considerazione contestualmente all’operazione di cartolarizzazione, che lavorava invece come detto sul circolante. Tuttavia allora non se ne è fatto nulla. Ma ora secondo me è un’ipotesi che potrebbe tornare in auge”, ha concluso Caligaris.