Resta in mani italiane Manifatture Sigaro Toscano (MST), la società produttrice dei noti sigari, che faceva capo sinora a SECI spa, la holding con la quale la famiglia Maccaferri controllava l’omonimo gruppo, dichiarata fallita dal Tribunale di Bologna nel luglio 2021 (si veda altro articolo di BeBeez), con la Corte d’Appello di Bologna che nel novembre 2021 ha respinto il ricorso della società contro la sentenza, confermandone quindi il fallimento (si veda altro articolo di BeBeez).
Il passaggio del controllo di MST, avvenuto nei giorni scorsi nelle mani delle famiglie Montezemolo, Gnudi, Regina e Valli, cioé la cordata di imprenditori italiani che già possedeva il 49,9% del capitale, ha seguito a ruota l’omologa con concordato fallimentare di SECI, pubblicata dal Tribunale di Bologna lo scorso 20 novembre e che ha visto nel ruolo di assuntore di tutti gli asset (attivi e passivi) del fallimento Apollo Delos Italy 4 srl, società veicolo che fa capo ad Apeiron Management spa, società guidata da Alessandro Fracanzani, che è advisor esclusivo per l’Italia del colosso Usa degli investimenti alternativi Apollo Global Management. Una conclusione, quella del passaggio del controllo di SECI ad Apollo, che era attesa da circa un anno, cioé da quando, poco prima del Natale 2022, Apeiron aveva depositato la sua ultima offerta da circa 260 milioni di euro per SECI sul tavolo dei tre curatori fallimentari, Claudio Solferini, Enrica Piacquaddio e Antonio Rossi (si veda altro articolo di BeBeez). Dopo l’ok dei curatori, l’offerta aveva ottenuto anche il via libera dei creditori.
L’offerta di Apollo, che è esattamente di 264 milioni, lo ricordiamo, prevede il pagamento integrale dei creditori privilegiati e il pagamento al 21% dei crediti chirografari (505 milioni, inclusi 90 milioni di bond), da pagarsi in contanti dopo l’omologa.
SECI vale tanto soprattutto, anche se non solo, perché possiede il 50,085% di MST, sia direttamente (3,98%) sia attraverso SECI Lux 2 sa (46,1%). MST non è stata toccata dalla crisi della casa-madre: ha infatti chiuso il bilancio 2022 con ricavi per 122 milioni (da 115,7 milioni nel 2021), un ebitda di 39,3 milioni (da 39,1 milioni) e un debito finanziario netto di 52 milioni (da 45,9 milioni), a fronte di un patrimonio netto di 178,5 milioni (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). Sulla base dei dati di bilancio prospettici 2020, che erano ben più bassi di quelli attuali, i rumor di mercato valutavano MST attorno ai 200 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). Per il resto, il capitale di MST faceva capo alla Antelao spa di Piero Gnudi (ex ministro nel governo Monti ed ex presidente dell’Enel), alla MCG holding srl di Luca Montezemolo (ex numero 1 della Ferrari), alla Comunimpresa srl di Aurelio Regina, alla Aragon Value Leadership srl di Francesco Valli e a Matteo Tamburini.
Ora appunto i medesimi imprenditori, attraverso la società veicolo Leaf BidCo srl, hanno acquisito la quota del capitale di MST che ancora non possedevano. Per far fronte all’acquisizione, Leaf BidCo ha sottoscritto un contratto di finanziamento di complessivi 108 milioni di euro circa con un pool di banche composto da Banca Monte dei Paschi di Siena, Banco BPM, BPER Banca, Deutsche Bank e La Cassa di Ravenna. I proventi del finanziamento sono stati utilizzati in parte per l’acquisto della partecipazione di maggioranza, in parte per il rifinanziamento del debito della stessa MST.
Le banche finanziatrici sono state assistite nell’operazione dai legali di Gattai, Minoli, Partners. Chiomenti ha assistito Leaf BidCo e soci sul piano legale, mentre il fondo Apollo e Apeiron Management sono stati assistiti dallo studio legale internazionale Gianni & Origoni. A sua volta GOP ha suportato Apollo Delos Italy 4 nell’intera procedura di concordato presentata nell’ambito del fallimento SECI dinanzi al Tribunale di Bologna (si veda qui il comunicato stampa).
L’operazione su MST ha dovuto tenere conto anche dei rapporti con i bondholder di SECI. Il bond in questione, infatti, che era stato emesso in due tranche, una da 70 milioni a gennaio 2019 e l’altra da 20 milioni nel marzo successivo, aveva tra le garanzie il pegno sul 46,1% delle azioni di MST. L’operazione era stata condotta allora per spostare in mani amiche il pegno sino a quel momento in capo a Credit Suisse. I bond pagavano una cedola annua del 6% annuo più il 2,5% PIK, cioé da corrispondersi alla scadenza nel 2023 ed erano stati sottoscritti inizialmente da tutti gli azionisti di MST (si veda altro articolo di BeBeez).
Ceduta MST, SECI resta proprietaria, da un lato, di una serie di società attive nel settore dell’energia tra cui SECI Energia spa (controllata al 100%) e Jesi Energia spa (30%), e dall’altro, di vari immobili logistici e residenziali, sia direttamente sia attraverso società controllate. SECI è inoltre controparte di un certo numero di cause che negli anni scorsi i commissari hanno intentato contro alcune banche che, con il loro comportamento, secondo loro hanno contribuito a portare al crack del gruppo. Il che significa che esiste la possibilità che in futuro possano arrivare sul conto di SECI dei risarcimenti. Secondo quanto risulta a BeBeez, Apeiron ha intenzione di gestire e valorizzare quegli asset nel giro dei prossimi 3- 5 anni.
In particolare, sul fronte immobiliare, SECI possiede il 50% di Finim spa, società proprietaria di Palazzo Zambeccari, iconico stabile di Bologna, collocato tra via Farini e piazza de Celestini, per il quale ci sono già trattative avanzate in corso tra Apeiron e gli azionisti proprietari dell’altro 50% di Finim, cioé le sorelle Francesca e Maria Luigia Goldoni (ex proprietarie della Hatu di Casalecchio di Reno, storica azienda produttrice di preservativi), che starebbero per rilevare anche il 50% in capo a SECI, salendo quindi al 100%. Finim a fine 2022 aveva un patrimonio netto di 37,7 milioni e immobilizzazioni nette per 44,4 milioni (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente). Ma non è tutto. Tra gli asset real estate che possiede SECI c’è per esempio anche una quota del Bologna Business Park, polo direzionale composto da edifici a uso uffici e centro servizi inseriti in un parco urbano con lago artificiale attrezzato di percorsi pedonali e piste ciclabili: SECI infatti possiede il 50% di Città Scambi srl a cui fa capo l’immobile.
A proposito della galassia Maccaferri, ricordiamo poi che si è conclusa di recente la vicenda di SEI spa, società immobiliare che faceva capo direttamente alla famiglia Maccaferri, che possiede anche la partecipazione totalitaria in SIECI srl, società proprietaria del centro commerciale Castel Romano Shopping Village in Roma. E’ stato infatti omologato il concordato fallimentare che ha consentito il passaggio dell’attivo e del passivo di SEI in capo all’assuntore Sagitta sgr, controllata da Europa Investimenti (gruppo Arrow Global), dopo un accordo con le banche finanziatrici della società e con la stessa Apeiron Management (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo in aggiunta che nell’ottobre 2022 si è conclusa invece la storia di Officine Maccaferri spa, leader globale nel settore dell’ingegneria civile e ambientale con 23 stabilimenti in 4 diversi continenti, oltre 3.000 dipendenti e una presenza commerciale in oltre 130 paesi. Sempre il Tribunale di Bologna ha infatti emesso il decreto di omologa del concordato preventivo in continuità aziendale, dopo che i creditori hanno dato il loro via libera al piano la scorsa primavera e dopo che l’intero capitale della società è stato trasferito alla newco OM Topco sarl, società partecipata dai soci dell’Ad-Hoc Group, il gruppo di investitori composto da Carlyle Global Credit Investment Management, Man GLG e Stellex Capital Management, originariamente i principali sottoscrittori del bond da 190 milioni di euro cedola 5,75% a scadenza 2021 emesso da Maccaferri nel 2014 (si veda altro articolo di BeBeez). Dopo risultati 2022 in netto miglioramento, comunicati a fine aprile scorso, i fondi hanno già iniziato a guardarsi attorno per trovare un acquirente e valorizzare finalmente il loro investimento. La scorsa primavera si parlava di una valutazione di 700 milioni di euro e come acquirenti interessati al dossier sono circolati i nomi di Bekaert, azienda belga che si occupa della produzione, lavorazione, trasformazione e rivestimento di fili e cavi d’acciaio; delle americane Solmax (gruppo del geosintetico) e Tencant (specializzata nei prodotti per l’industria delle materie prime); e dei fondi di private equity di Permira, Blackstone, CVC, Rhone Capital e Rivean (si veda altro articolo di BeBeez).