L’atteso aumento dello stock di crediti deteriorati sui libri delle banche dovuto alle conseguenze del lockdown a fine 2020 ancora non si era visto, perché le misure straordinarie a sostegno delle imprese adottate dal governo e su iniziativa delle banche durante la pandemia hanno finora impedito che il blocco delle attività economiche dovuto all’emergenza sanitaria si traducesse in un’impennata dei default delle aziende. Ma si tratta solo di una questione di tempo.
Lo dice l’ultimo Outlook Abi-Cerved sui crediti deteriorati delle imprese italiane pubblicato venerdì 5 marzo (si vedano qui il comunicato stampa e qui il Rapporto completo). Che però rassicura: sebbene i tassi di deterioramento delle società non finanziarie, ovvero la quota di crediti in bonis passati allo status di deteriorati, peggiorerà nel 2021 al 4,3% dal 2,5% di settembre 2020, nel 2022 tornerà a scendere al 3,7%, un livello questo più alto di quello di fine 2019 (2,9%), ma molto più basso di quello toccato nel picco della crisi del 2012 (7,5%). In linea con quanto già previsto lo scorso luglio 2020, in occasione della precedente edizione dell’Outlook (si veda altro articolo di BeBeez).
La stessa evoluzione è attesa quest’anno anche per lo stock dei crediti deteriorati sui libri delle banche. Banca Ifis nel suo Market Watch di gennaio ha previsto che a fine anno vedremo effettivamente un aumento dei crediti deteriorati nei bilanci del sistema bancario italiano, invertendo il trend di discesa degli ultimi anni: nel 2020 si stima che gli NPE siano diminuiti a 115 miliardi dai 122 miliardi ufficiali di fine settembre, fonte Banca d’Italia, e dai 138 miliardi del 2019 (si veda altro articolo di BeBeez). E BeBeez, sulla base dei risultati di bilancio dei primi sette gruppi bancari italiani, ha calcolato che sui libri delle banche in questione a fine 2020 lo stock degli NPE era sceso a soli 65 miliardi dagli oltre 85 miliardi di fine settembre, grazie a una ritrovata grande attività di cessione di portafogli Npl e Utp nell’ultima parte dell’anno (si veda qui l’Insight View di BeBeez dello scorso 1° marzo, disponibile per gli abbonati a BeBeez News Premium e BeBeez Private Data, scopri qui come abbonarti). Ma appunto poi la previsione è che a fine 2021 gli NPE torneranno a crescere a 129 miliardi e che il trend crescente continuerà anche nel 2022 a 149 miliardi, proprio perché il tasso di deterioramento diminuirà, ma comunque il numero delle imprese i cui crediti finiranno classificati come deteriorati aumenterà.
Le previsioni di Cerved nel suo ultimo Credit Outlook pubblicato nei giorni scorsi sono infatti di un aumento della probabilità di default delle imprese italiane al 6% dal 5,1% di fine 2020, una media che nasconde però una variabilità impressionante (si veda altro articolo di BeBeez). Uno studio più dettagliato che Cerved ha condotto per BeBeez mostra infatti un quadro particolarmente preoccupante per i settori del turismo (con una probabilità di default vista al 14,3% a fine 2021 dal 5,8% di fine febbraio, momento di scoppio della pandemia, già salita all’11% a fine 2020), dell’accomodation, ristorazione e servizi collegati (in salita all’11,9% a fine 2021 dall’8,7% di fine 2020 e dal 6,4% di fine febbraio 2020) e le costruzioni (in salita all’8,7% a fine anno, dopo essere state poco toccate lo scorso anno, quando la probabilità di default era salita dal 7,1% in febbraio al 7,3% a dicembre). Preoccupante infine anche la situazione del settore trasporti (con probabilità di default in aumento all’8,4% a fine 2021 dal 5,7% di fine 2020 e dal 4,8% di febbraio 2020).
Tornando ai tassi di deterioramento nel biennio 2021-22, l’aumento risulterà più significativo per le medie imprese (dall’1,7% del 2019 al 2,9% del 2022) e per le microimprese (dal 3,1% del 2019 al 3,9% del 2020), e relativamente più contenuto per le piccole imprese, che al termine del periodo di previsione si attesteranno al 2,6% dal 2,1% registrato nel 2019. A livello settoriale, i comparti più colpiti saranno i servizi (dal 2,8% del 2019 al 3,8% del 2022) e le costruzioni (dal 4,0% al 4,9%) mentre l’industria, pur aumentando i tassi dal 2,3% del 2019 al 2,9% del 2022, si manterrà su livelli inferiori a quelli del 2008 (3,3%). Infine, sul fronte territoriale gli incrementi più marcati saranno nelle regioni del Centro, dove la percentuale di crediti in default sul totale dei prestiti in bonis raggiungerà il 4,4% nel 2022 (dal 3,0% del 2019), il Nord-Ovest e il Nord-Est si collocheranno rispettivamente 3,1% e 2,8% nel 2022.
“I dati presentati”, ha dichiarato Giovanni Sabatini, Direttore Generale di ABI, “confermano gli effetti positivi, per l’economia, delle iniziative assunte dalle autorità, nazionali ed europee, e dalle banche. In uno scenario che resta incerto è necessario che le misure attivate per far fronte alla crisi siano mantenute in vigore sino al definitivo superamento dell’emergenza sanitaria e, successivamente, sarà comunque fondamentale applicare la massima gradualità nella loro rimozione. È altrettanto importante intervenire sul quadro regolamentare affinché incentivi le banche a concedere misure di agevolazione a favore di famiglie ed imprese, evitando il rischio che queste posizioni, seppur solo in una fase di difficoltà momentanea, debbano essere riclassificate come deteriorate”.
“Le misure di contenimento finora hanno funzionato bene, minimizzando l’impatto sul settore bancario ed evitando fallimenti a catena”, ha commentato Andrea Mignanelli, amministratore delegato di Cerved, che ha aggiunto: “Ora però viene il difficile: il Covid ha impresso una forte accelerazione ad alcune tendenze, come la digitalizzazione, che hanno il potenziale di cambiare la struttura della nostra economia. È necessario selezionare gli interventi, favorendo una transizione verso le imprese e i settori più produttivi: Cerved è pronta a supportare le istituzioni e le banche a prendere decisioni basate su informazioni affidabili, puntuali e con una forte capacità prospettica”.