L’opa volontaria sulla totalità delle azioni Atlantia promossa da Schema Alfa (veicolo controllato al 65% da Edizione Holding tramite Sintonia e per il resto da Blackstone) è arrivata circa al 96% di adesioni comprese le azioni proprie detenute dalla holding infrastrutturale, all’ultimo giorno del periodo di proroga dell’offerta, che come noto andava dall’apertura alle 9 italiane di lunedì 21 novembre alla chiusura, alle 17.30 italiane, di venerdì 25 novembre 2022 (si veda altro articolo di BeBeez).
Secondo i dati diffusi da Borsa Italiana (si veda qui il comunicato stampa) sono state apportate durante la riapertura dei termini 64.240.417 azioni (pari al 7,779% del capitale sociale di Atlantia), consentendo a Schema Alfa di arrivare al 92,726% delle azioni complessive oggetto dell’offerta. Tra l’altro durante la riapertura dei termini, Schema Alfa e le persone che agiscono di concerto non hanno effettuato, né direttamente né indirettamente, acquisti aventi ad oggetto azioni al di fuori dell’opa. Considerando le azioni proprie, Schema Alfa ha superato la soglia del 95% del capitale. Per la precisione, adesso la Bidco di Edizione e Blackstone possiede 792.196.557 azioni, rappresentative del 95,933% del capitale sociale di Atlantia.
Un livello che consente di procedere con lo squeeze out e il delisting da Piazza Affari in tempi più brevi (prima metà di dicembre) rispetto all’opa residuale, giacché scatta l’Obbligo di Acquisto.
Alla data di pagamento ad esito della riapertura dei termini (i.e., 2 dicembre 2022):
a) Schema Alfa acquisterà tutte le azioni portate in adesione all’opa durante la riapertura dei termini. Il pagamento del corrispettivo per ciascuna azione di Atlantia portata in adesione all’opa avverrà in considerazione del contestuale trasferimento della proprietà delle azioni a Schema Alfa
b) ricorreranno i presupposti di legge per l’esercizio dell’obbligo di acquisto ai sensi dell’art. 108, comma 1, del TUF e per l’esercizio del diritto di acquisto ai sensi dell’articolo 111, comma 1, del TUF in relazione alle residue n. 33.587.433 azioni (escludendo le azioni proprie), rappresentative del 4,067% del capitale sociale di Atlantia.
Ricordiamo che l’opa sulla ex controllante di Autostrade lanciata dal fondo Usa Blackstone Infrastructure Partners e dalla famiglia Benetton è avvenuta lo scorso 10 ottobre tramite il veicolo Schema Alfa spa (si veda altro articolo di BeBeez) si era chiusa venerdì 11 novembre con un’adesione di poco meno di 448 milioni di azioni, pari al 54,249% del capitale sociale dell’emittente. Il che portava il consorzio a detenere complessivamente circa 721 milioni di azioni, rappresentative dell’87,350% del capitale sociale di Atlantia (si veda qui il comunicato stampa).
Ma il risultato provvisorio dell’opa non portava a raggiungere la soglia del 90% che era stata indicata come necessaria per l’efficacia dell’opa stessa nel Documento di offerta. Tuttavia, Schema Alfa, nella nota diffusa nella serata di venerdì 11 novembre, aveva dichiarato di rinunciare alla condizione sulla soglia (si veda qui il comunicato stampa di allora) e aveva riaperto i termini per aderire all’offerta per un ulteriore periodo di cinque giorni di Borsa aperta appunto dal 21 al 25 novembre alle medesime condizioni dell’opa appena conclusa. Ricordiamo che l’offerta, che riguardava il 66,9% flottante sul mercato, si basa su un prezzo per azione di 23 euro al netto del dividendo e riconosce al gruppo delle infrastrutture un equity value complessivo di poco inferiore a 19 miliardi (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo che Schema Alfa è interamente controllata da Schemaquarantadue spa (Holdco), che a sua volta fa capo per il 65% a Sintonia spa (controllata al 100% da Edizione spa, la holding della famiglia Benetton) e per il resto da Blackstone Infrastrucuture Partners, attraverso BIP-V Hogan (LUX) SCS (5,25%) e BIP Hogan (LUX) SCSp (29,75%). Sintonia spa, a sua volta, già prima dell’opa, possedeva il 33,1% del capitale di Atlantia e l’87,35% calcolato da Intesa Sanpaolo, in qualità di intermediario incaricato del coordinamento, sulla base dei dati provvisori.
L’acquisizione di Atlantia taglierà 19 miliardi di euro dal valore della Borsa di Milano e porterà a 12 il numero di società che hanno lasciato il listino quest’anno, alimentando i timori sulla sua tenuta. I legislatori e le autorità di regolamentazione vogliono invertire la tendenza e rafforzare il ruolo di Borsa Italiana, che ha 200 anni, nel cuore dell’economia italiana. Come riporta Reuters, Barbara Lunghi, responsabile delle quotazioni azionarie in Italia del proprietario del mercato Euronext, sostiene che essere un’azienda quotata e avere investitori esterni spinge le imprese a innovare e a svilupparsi. “Dà alle aziende quella marcia in più che aiuta a guidare la crescita”, ha detto Lunghi. Ma il problema ha radici profonde: molte aziende italiane a conduzione familiare non sono disposte a cedere il controllo quotando le loro attività, a meno che non abbiano bisogno di liquidità per M&A o altre strategie di espansione.
Fra le altre 11 società che hanno abbandonato Euronext Milano, spicca la holding della famiglia Agnelli, Exor, che si è trasferita alla borsa di Amsterdam, dove tra l’altro è legalmente registrata.
Ma altre ne seguiranno. Pere esempio il caterer autostradale Autogrill dovrebbe essere delistato dopo una fusione con la svizzera Dufry, mentre il destino del calzaturificio Tod’s rimane incerto dopo il fallimento di un’offerta di acquisto da parte del suo principale azionista.
Anche CNH Industrial, le cui azioni sono quotate sia a Milano sia a New York, sta valutando la possibilità di porre fine alla doppia quotazione e di concentrarsi sul NYSE.
IN realtà l’esodo dai listini delle società quotate è una tendenza condivisa da molte borse europee, in quanto i prezzi bassi e la disponibilità di denaro a basso costo l’hanno resa conveniente.
Il lato positivo è che quest’anno quattro società sono entrate nel mercato principale di Euronext Milano, tra cui il produttore di autocarri Iveco, frutto di uno spin off e altre due società sono passate dal più piccolo Euronext Growth Milan. La situazione è più sana per lo stesso Euronext Growth Milan, un mercato dedicato alle piccole e medie imprese con requisiti minimi di accesso. Nel 2022 ha contato 18 nuove quotazioni, ma la capitalizzazione complessiva del mercato è molto bassa.
La scarsità di IPO italiane è un problema antico. Negli ultimi 20 anni, il mercato principale ha perso 268 società quotate e ne ha guadagnate solo 185, secondo una ricerca di Intermonte pubblicata a marzo. Al contrario, il mercato delle pmi, meno regolamentato, ha attirato 263 società quotate e ha visto 68 delisting.