Tecne Gruppo Autostrade per l’Italia spa punta ad acquisire il ramo d’azienda di titolarità di Spea Engineering spa relativo allo svolgimento di servizi di ingegneria, progettazione e direzione lavori afferenti a lavori autostradali e servizi di ingegneria dedicati allo sviluppo estero, che oggì è già condotto da Tecne in ragione del contratto di affitto di ramo d’azienda stipulato tra Spea e Tecne il 1° dicembre 2020. Lo si legge in un avviso al mercato dell’AGCM pubblicato martedì scorso e oggi è peraltro l’ultimo giorno indicato dall’Authority per l’invio di osservazioni relative all’operazione.
Tecne è la società di ingegneria del Gruppo Autostrade per l’Italia (ASPI), a sua volta controllato da CDP Equity, Blackstone e Macquarie, che si occupa di tutti gli aspetti ingegneristici dell’infrastruttura di trasporto lineare, con progetti sostenibili e innovativi. Di fatto, spiegava una nota della Cgil di novembre 2020, Tecne “è una newco, interamente partecipata da ASPI, che avrà il compito di gestire le competenze finora in capo a Spea, ad esclusione della sorveglianza della rete autostradale, dal 2018 affidata ad aziende esterne ad ASPIi”. Fino a quel momento i suddetti controlli rientravano proprio nei compiti di Spea Engineering spa, che fa capo per il 60% a Mundys spa (la ex Atlantia, si veda altro articolo di BeBeez), per il 20% ad Aeroporti di Roma (controllata da Mundys) e per il 20% dalla stessa ASPI. Spea ha chiuso il 2022 con 39,9 milioni di euro ricavi, un ebitda negativo per 26,2 milioni, e un patrimonio netto di 28,2 milioni (si veda qui il report di Leanus, dopo essersi registrati gratuitamente).
Spea è stata coinvolta nell’inchiesta relativa al crollo del ponte Morandi di Genova (14 agosto 2018), con l’accusa di condotte illecite nell’attività di sorveglianza e di manutenzione, dettate da motivi di stretta convenienza commerciale. A gennaio 2020, 11 mesi prima della firma del contratto di fitto del ramo di azienda oggi oggetto di cessione a Tecna, che passerebbe dal ruolo di conduttrice ad esserne proprietaria, erano circolate voci secondo le quali il Gruppo Atlantia aveva previsto di chiudere l’azienda (Spea) alla luce delle suddette inchieste, “facendo confluire i dipendenti in due nuove società”, scriveva Fanpage.it. La vertenza era stata poi risolta proprio con l’accordo di fitto del ramo di azienda fra le due aziende, che aveva incontrato la soddisfazione dei sindacati poichè “erano stati garantiti i livelli occupazionali, con opportunità di crescita professionale per i lavoratori coinvolti”. Quest’ultima acquisizione è la naturale prosecuzione di quell’intesa.
L’operazione avviene in un momento in cui ASPI è al centro di svariati rumor in merito a operazioni di m&a in corso. Nei giorni scorsi, in particolare, Il Sole 24 Ore ha riferito dell’avvio di un processo competitivo per individuare un nuovo investitore che acquisti in aumento di capitale una minoranza (si dice il 43%) di Free To X, controllata di ASPI, fondata nella primavera del 2021, per sviluppare l’infrastruttura di ricarica per i veicoli elettrici sulla rete autostradale del gruppo. Tra i nomi dei fondi infrastrutturali che starebbero esaminando il dossier, ci sono il neonato Vesper Next Generation Infrastructure Fund e il gruppo tedesco Dws Invest Global Infrastructure. Le offerte preliminari, secondo Il Sole, sarebbero previste nelle prossime settimane e il processo competitivo potrebbe concludersi all’inizio del 2024. Free To X sarebbe valutata complessivamente qualche centinaio di milioni di euro. La società ha chiuso il bilancio 2022 con 15,6 milioni di euro di ricavi, un ebitda negativo per 5,8 milioni, a fronte di liquidità netta per 23,7 milioni e di un patrimonio netto di 49,6 milioni (si veda qui il report di Leanus).
Lo scorso ottobre, invece, Il Corriere della Sera ha riferito che il colosso autostradale ASTM (che fa capo al Gruppo Gavio e al private equity paneuropeo Ardian) e ASPI hanno messo in vendita il loro 65% di Tangenziale Esterna spa, la società che gestisce la Tangenziale Est Esterna di Milano nota come A58-TEEM, valutata circa 2 miliardi di euro complessivamente (debito incluso). I due soci di riferimento hanno dato mandato a Mediobanca, Intesa Sanpaolo-Banca IMI e UniCredit, ma che non è ancora chiaro se anche i soci di minoranza dell’A58, in particolare FNM e Pizzarotti, seguiranno l’operazione, cedendo anche le loro quote (si veda altro articolo di BeBeez).
Intanto resta sullo sfondo il tema delle grandi manovre sull’assetto azionario della stessa ASPI. Più volte si sono susseguiti negli ultimi mesi rumor a proposito di una regia del governo che punterebbe a sostituire nell’azionariato i due fondi esteri Blackstone e Macquarie con investitori italiani disposti a supportare una politica di investimenti da parte del gruppo autostradale. Politica che sinora è ingessata da uno statuto societario che di fatto li blocca, visto che prevede la distribuzione di tutti gli utili netti sotto forma di dividendi (a parte un ventesimo che va a riserva legale), a meno che di volta in volta l’assemblea ordinaria non disponga diversamente (si veda qui il testo dello statuto, art. 37). Il governo ha sempre smentito e i fondi hanno a loro volta fatto sapere di non aver alcuna intenzione di lasciare il campo libero. Ma tant’è.
Ricordiamo nel dettaglio, che a inizio ottobre si era parlato di un’offerta che sarebbe stata messa a punto dal costruttore piemontese Matterino Dogliani che avrebbe utilizzato come mezzo Fininc spa, la holding di famiglia, impegnata prevalentemente nella progettazione e realizzazione di grandi opere infrastrutturali e industriali, dalle principali arterie di traffico stradale, viadotti e gallerie, fino alla siderurgia (si veda altro articolo di BeBeez). Dogliani avrebbe studiato un’offerta in partnership con un fondo internazionale, investendo 8 miliardi di euro, che arriverebbero a 20 miliardi, includendo il debito (sul debito di ASPIi si veda altro articolo di BeBeez). Una cifra, questa, che si confronta con l’equity value del 100% di Aspi di 9,3 miliardi di euro (di cui 200 milioni di commissioni bancarie), in base al quale era passata di mano, per 8,1 miliardi, la quota dell’88,06% del gruppo, prima detenuta da Atlantia spa. A comprarla era stata Holding Reti Autostradali spa (HRA), il veicolo di investimento controllato da CDP Equity (51%) e dai fondi Blackstone Infrastructure Partners (24,5%) e Macquarie Asset Management (24,5%) (si veda altro articolo di BeBeez). Il resto del capitale, poi, è in mano al consorzio Appia (Allianz e EDF) che ha il (6,94%) e al fondo cinese Silk road (5%), L’ipotesi relativa a quest’offerta era stata subito smentita da fonti di Palazzo Chigi, secondo le quali: “È totalmente destituita di fondamento l’indiscrezione riportata da Bloomberg, secondo cui il governo italiano sarebbe a conoscenza e intenderebbe sostenere un’offerta per Autostrade per l’Italia da parte della società Fininc”. Rispetto ad allora, anche in questo caso non ci sono stati ulteriori fatti degni di nota, nemmeno a corroborare le dichiarazioni di apertura rilasciate in quel momento dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini: “Sono ovviamente vicende che riguardano aziende private; se però una grande impresa italiana, sana e liquida, riesce a raccogliere capitali stranieri per portarli a investire nello sviluppo del nostro Paese, per me è solo una buona notizia. Non entro nel merito di vicende che riguardano i privati, però a me interessa che ASPI investa, cosa che negli anni passati non sempre ha fatto” (si veda qui Radiocor).
Più di recente, poi, a metà novembre, La Stampa aveva riferito di un progetto firmato JP Morgan per una possibile fusione fra ASPI e ASTM, mediante conferimento di asset si ASTM in ASPI. Il piano, una volta fuse le attività del gruppo Gavio con quelle di ASPI, prevederebbe una partecipazione con tre azionisti: Blackstone, CDP e ASTM, con quest’ultimo a cui, in quanto socio di riferimento industriale, sarebbe riservata la gestione operativa, mentre nel piano troverebbe posto Macquarie che dovrebbe in qualche modo uscire dalla partita infrastrutturale. La voce, comunque, era stata successivamente smentita sempre da La Stampa per la quale si era trattato di “un’eventualità rigettata con forza dal fondo australiano secondo cui è completamente falso che il gruppo possa accettare una vendita o una riorganizzazione di Autostrade. Anche Blackstone ha negato il coinvolgimento in eventuali riassetti”.