Nel primo semestre 2021, il settore del private equity in Italia è tornato ai livelli pre-Covid, mentre cresce significativamente la fiducia degli operatori. E’ quanto emerge dal report semestrale Private Equity Confidence Survey di Deloitte Private, elaborato con il supporto di AIFI (si vedano qui il comunicato stampa e qui il report completo)
Un trend, questo, in linea con i dati del Report di BeBeez sul Private Equity nel primo semestre 2021 (disponibile per gli abbonati di BeBeez News Premium e BeBeez Private Data) che mappa il private equity in senso lato, considerando quindi le oeprazioni di investimento e disinvestimento condotte da fondi, holding di investimento, club deal di investitori privati e Spac. Il focus del report di Deloitte-AIFI è invece specificamente sull’attività degli operatori di private equity strutturati come fondi.
Nel dettaglio, calcola il report, il numero delle operazioni di investimento nel semestre (79) supera quelle registrate nello stesso periodo dello scorso anno (48) e addirittura quelle registrate nello stesso periodo del 2019 (78), con investimenti complessivi per un controvalore di circa 26 miliardi di euro, mentre quasi 9 operatori su 10 si attendono un ulteriore aumento dell’attività di investimento nel secondo semestre, con il Deloitte Private Equity Confidence Index, costruito sulla base dei dati raccolti nelle PE Survey condotte dalla prima edizione a oggi, che ha raggiunto il valore più alto (134) dal 2011.
In particolare, si diceva, la percentuale di intervistati che si aspettano un aumento nel numero delle operazioni nel secondo semestre sale all’86,7% (dal 63% nella scorsa edizione). A trainare la crescita del numero di operazioni attese è anche il rilancio delle attività di disinvestimento, previste in aumento dal 53,3% dei rispondenti e che sono state già pianificate per il secondo semestre 2021 dal 66,7% degli operatori. Inoltre, il 60% degli operatori non crede che gli impatti della crisi legata al COVID-19 sul mercato perdureranno più di 12 mesi. Il trend di ripresa del settore è confermato dal basso numero di opportunità di investimento abbandonate a causa del Covid-19 negli ultimi 6 mesi. Anche le aspettative riguardo lo scenario macroeconomico migliorano: circa 9 intervistati su 10 si attendono un miglioramento (dal 59,3% di sei mesi fa). La ripresa del ciclo economico avrà anche un riflesso sui multipli di mercato, che secondo il 90,2% degli intervistati aumenteranno.
Interessante la parte di approfondimento sul tema del debito. In primo luogo, è confermato il ruolo centrale delle banche commerciali nel financing a supporto delle operazioni d’investimento, con circa l’80% degli operatori di private equity che indicano il senior debt di origine bancaria come lo strumento di debito maggiormente utilizzato sia nel semestre in corso sia in prospettiva nel prossimo.
A proposito di leva, il 44,4% degli intervistati evidenzia una percentuale media di equity sul valore totale degli investimenti in PE compresa tra il 41 e il 60%, in calo di 7,5 punti percentuali. rispetto al semestre scorso. Diminuiscono anche gli investimenti con una percentuale media di equity compresa tra 61% e 80% (22,2%) e tra 0% e 20% (2,2%). Al contrario, aumentano gli investimenti con equity compresa tra il 21% e il 40% (20%) e superiore all’81% (11,1%).
Le aspettative di struttura finanziaria dei nuovi deal evidenziano che il 73,3% di essi avrà una percentuale media di equity inferiore al 61%. In particolare, il 48,9% avrà un’equity compresa tra 41% e 60%, il 22,2% tra 21% e 40%, mentre il 2,2% tra 0% e 20%. In calo la porzione di chi prevede investimenti in deal con equity compresa tra 61% e 80% (17,8%), mentre solo l’8,9% prevede un’equity superiore ad 81%.
Il grado di leva finanziaria utilizzato nell’ambito delle operazioni concluse negli ultimi sei mesi è stato tra 2 e 4 volte l’ebitda per il 64,4% dei casi, in aumento di 3,3 punti percentuali rispetto al semestre precedente. Si riduce la quota delle operazioni con leva tra 4 e 6 (2,2%), mentre passano da 0,0% a 2,2% quelle con leva superiore a 6. Infine, il 31,1% delle operazioni è stato finanziato con leva inferiore a 2 volte l’ebitda.
Quanto ai tassi applicati, si registra una sostanziale stabilità degli spread medi rispetto al semestre precedente. Il 60,0% degli intervistati ha finanziato le proprie operazioni con uno spread sull’Euribor inferiore ai 250 punti base (57,4% nel semestre precedente), mentre il 40,0% ha ottenuto uno spread superiore ai 250 bp (42,6% nel semestre precedente).
Tra le altre evidenze della survey di Deloitte Private, c’è l’aumentaìo dell’interesse per le operazioni di expansion capital (33,3% del totale), mentre si riduce la quota di chi predilige operazioni di LBO/Replacement (dal 53,7% al 35,6%). Si mantiene alto poi il numero di preferenze per gli investimenti in quote di maggioranza (77,8%). I settori su cui gli operatori prevedono di focalizzarsi maggiormente nei prossimi sei mesi sono manufacturing, food&wine e IT, ma emerge una crescente attenzione anche verso life sciences & healthcare e industrial products.
Elio Milantoni, partner di Deloitte Financial Advisory e m&a leader, ha sottolineato: “Secondo la maggioranza degli operatori, il mercato del private equity e del venture capital sarà influenzato soprattutto da variabili come l’accelerazione delle campagne vaccinali, lo sviluppo di settori come telemedicina e health technology, il rilancio dell’agenda green, l’impatto globale dello smart working e la crescita dell’e-commerce. In particolare, gli operatori concentreranno le loro risorse sulla gestione dei flussi di cassa delle partecipate, sul risk assessment e sulla supply chain”.
Quanto alle strutture utilizzate per organizzare i deal, spesso per ridurre l’incertezza legata agli scenari futuri e il rischio che il business subisca impatti più gravi di quanto stimato, gli operatori hanno introdotto meccanismi di deferred consideration (es. earn-out). Un altro strumento ricorrente è stato poi quello del preferred equity.