Si è chiuso con un calo del 19% del valore delle operazioni a livello globale il 2023 dell’m&a con soltanto 2,916 trilioni di dollari di deal mappati dall’Investment Banking Scorecard di Dealogic WSJ. Un dato dietro il quale però si nascondono situazioni ancora peggiori. In particolare, infatti, l’m&a in Europa è crollato del 29% a poco meno di 640 miliardi, seconda per brutte performance soltanto all’Asia dove il calo è stato del 30%, al di sotto dei 530 miliardi, con esclusione del Giappone che invece è andato in controtendenza con un +46% sopra i 119 miliardi.
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Peraltro, le statistiche europee sarebbero potute essere peggiori, se Dealogic WSJ non avessero già incluso il deal di KKR sulla NetCo di TIM, che con l’equivalente di 23,2 miliardi di dollari di enterprise value (corrispondenti ai 22 miliardi, incluse le sinergie) viene collocato in cima alla classifica dei deal europei dell’anno. Il deal, siglato a inizio novembre, non è però ancora definito in tutte le sue parti e in particolare in relazione alla partecipazione di CDP e di F2i, mentre sullo sfondo c’è un’imminente battaglia legale con Vivendi (si veda altro articolo di BeBeez).
A proposito di Italia, a parte questo mega-deal, soltanto pochi altri hanno superato il valore del miliardo di euro della società target in operazioni che hanno coinvolto quote di maggioranza o di minoranza significative. Non a caso ,dai dati preliminari sulle operazioni di private equity del 2023 mappate da BeBeez Private Data, emerge che l’azienda più grande che è passata di mano lo scorso anno è stata IMA, valutata 6,5 miliardi. Lo scorso agosto, infatti, il fondo BC Partners ha ceduto alla merchant bank americana BDT & MSD Partners l’intera partecipazione del 45% del gruppo di Ozzano (Bologna) attivo nella progettazione e produzione di macchine automatiche per il confezionamento di prodotti farmaceutici, alimentari, bevande e cosmetici, con il 55% che è rimasto invece saldo nelle mani della famiglia Vacchi. L’altro big deal è stato lo scorso ottobre quello su Italo-NTV, valutato 4,1 miliardi, con il 50% del capitale passato sotto il controllo del gruppo di shipping MSC e con i fondi Global Infrastructure Partners e Allianz Infrastructure che hanno reinvestito, affiancati da alcuni imprenditori che a loro volta erano già nel capitale, mentre altri ne sono usciti, così come Peninsula Capital e IP Infra Investor. E ancora, al terzo posto tra i big deal del 2023 c’è il disinvestimento parziale di Mayoola da Valentino, valutato 4 miliardi. A fine luglio, infatti, Kering, il colosso francese del lusso, ha acquisito il 30% della maison dalla holding di investimento che fa capo a Mozah bint Nasser Al Missned, potente ed elegante moglie dell’emiro del Qatar, Sheikh Hamad bin Khalifa Al Thani.
E dato che l’attività dei fondi di private equity rappresenta una quota importante del mercato m&a, il risultato è stato che nell’anno appena concluso siano stati annunciati o conclusi in Italia deal m&a soltanto per 28 miliardi di euro, in crollo di ben il 68% dal 2022, quando il controvalore era stato di 86,4 miliardi di euro. Lo ha calcolato KPMG, che evidenzia anche in termini di numero di operazioni, invece, il 2023 è stato in linea con il 2022, con solo un 4% in meno, cioé 1.219 operazioni dalle 1.271 dell’anno prima (si veda qui il comunicato stampa). D’altra parte, il 2022 aveva visto chiudersi i mega-deal di Atlantia e Autostrade per l’Italia, che sono passate di mano, rispettivamente a un enterprise value di oltre 48 miliardi e di oltre 17 miliardi di euro.
“Il 2023 è stato caratterizzato da uno scenario geopolitico molto complesso, non soltanto per il protrarsi del conflitto russo-ucraino, ma anche per lo scoppio della guerra israelo-palestinese in Medio-Oriente con conseguenze sui prezzi delle materie prime, in particolare gas e petrolio. Inoltre, le politiche restrittive, attuate tramite un progressivo innalzamento dei tassi di interesse, hanno portato a un rallentamento significativo di alcune importanti economie soprattutto in Europa. Tutto ciò si è tradotto nella chiusura di pochi grandi deal e, di conseguenza, in una forte contrazione dei controvalori sul mercato m&a”, si legge nella nota di KPMG, che attribuisce la riduzione della dimensione dei deal dei fondi di private equity, in termini di controvalore medio, principalmente al rilevante incremento nel costo del financing, oltre che a un disallineamento delle aspettative tra i venditori abituati a multipli elevati e acquirenti sui quali grava il maggior costo del debito.
Max Fiani, partner KPMG e curatore del rapporto m&a, ha commentato: “Il mercato m&a segna una frenata, in particolare sul segmento dei grandi deal, che aveva caratterizzato gli ultimi due anni. I controvalori subiscono una contrazione di circa il 68%. Tengono bene i volumi, in termini di numero di transazioni chiuse, grazie a operazioni di mid-market nei settori consumer e industrial, tipici del Made in Italy e all’attivismo delle imprese familiari italiane, che proseguono nei processi di internazionalizzazione, spesso già avviati”.
KPMG sottolinea che il mercato m&a 2023 è stato caratterizzato dal continuo processo di internazionalizzazione delle imprese familiari italiane. L’attività cross border-out ha registrato il closing di 195 operazioni per un controvalore di circa 14 miliardi di euro (circa il 50% del controvalore generato nel 2023). Tra le più importanti transazioni ricordiamo Dufry/Autogrill, Exor/Philips, Chiesi Farmaceutici/Amryt Pharma, Perfetti VanMelle/gum business di Mondēlez e Ariston/Centrotec Climate Systems.
Più contenuto rispetto allo scorso anno l’interesse da parte degli investitori esteri al mercato italiano, con 364 operazioni su 1.219 (pari al 30% circa). Tra queste, si segnala nel settore energy l’acquisizione di Enel Romania da parte di Public Power Corporation sa, per un valore di oltre 1,2 miliardi di euro e l’ingresso nel capitale di FIS Fabbrica Italiana Sintetici da parte del fondo di private equity Bain Capital.
Un dato importante da segnalare è poi la crescita, in termini di volumi, del mercato domestico (operazioni Italia su Italia) che ha raggiunto un nuovo record con 660 operazioni concluse (+7,3% rispetto al 2022), segnale di una accelerazione nei processi di consolidamento delle filiere produttive del Made in Italy. Di notevole rilevanza il processo di consolidamento della filiera moda e accessori di cui sono un esempio le acquisizioni condotte dal Gruppo Florence, il polo produttivo integrato in Italia al servizio della moda di lusso, che lo scorso ottobre ha visto passare il testimone del controllo a Permira dalla triade VAM Investments-Fondo Italiano d’Investimento sgr-Italmobiliare con VAM Investments e FII sgr che hanno mantenuto una minoranza significativa, mentre Italmobiliare è uscita con una ricca plusvalenza. A novembre il gruppo ha annunciato le ultime due operazioni di m&a di una lunga serie (si veda altro articolo di BeBeez). Sempre nel settore moda ha fatto parecchio shopping anche Holding Moda (Hmoda), controllata di Hind, società di investimento torinese con focus sulle piccole e medie aziende rappresentative del Made in Italy, nata nel 2011 e fondata da Claudio Rovere, che ha chiuso le ultime sue operazioni giusto poco prima di Natale, raggiungendo quota 14 società nel gruppo (si veda altro articolo di BeBeez).
Quanto al settore arredamento di fascia alta, Italian Design Brands, nato nel 2015 su iniziativa di un club deal di investitori costituito da Private Equity Partners spa, del pioniere italiano del private equity, Paolo Colonna, e degli industriali del settore Giovanni e Michele Gervasoni, affiancati da un gruppo selezionato di investitori privati, negli ultimi anni ha a sua volta lavorato in maniera importante sul fronte del consolidamento, nel 2023 si è quotato a Piazza Affari (si veda altro articolo di BeBeez).
A proposito di quotazioni, ricorda ancora KPMG, nel 2023 si è assistito a un notevole incremento nel numero di ipo sul mercato borsistico italiano. Nell’arco dell’ultimo anno sono state portate a termine 34 nuove quotazioni (29 nel 2022), dalle quali sono stati raccolti complessivamente oltre 1,5 miliardi di euro. Il mercato delle ipoè stato trainato dal trend positivo sul segmento Euronext Growth Milan (EGM), con 31 ammissioni, mentre sul mercato principale Euronext Milan hanno debuttato tre società (Eurogroup Laminations, Lottomatica e il dual listing di Ferretti). Si segnalano, inoltre, i passaggi di listino da EGM a EXM di Comer Industries, Cy4gate, Unidata, Digital Value e Technoprobe.
Il 2023 è stato anche caratterizzato da un incremento delle operazioni di delisting, registrando 22 revoche di quotazione, di cui 14 tramite offerte pubbliche di acquisto, per circa 750 milioni di euro complessivamente (sul tema si veda l’inchiesta di copertina di BeBeez Magazine n. 15 del 25 novembre 2023).
Con riferimento ai settori principalmente coinvolti da operazioni di m&a, nel 2023, troviamo il Consumer Markets con 380 deal per un controvalore di circa 13 miliardi di euro, l’Energy&Utilities che conta 107 acquisizioni per un ammontare investito di 4,5 miliardi di euro e l’Industrial Markets con 4,3 miliardi di euro per 293 operazioni. Risulta, inoltre, particolarmente significativo il contributo, in termini di volumi, del comparto TMT che ha registrato 226 deals, in particolare sul segmento technology/Servizi IT. Nel settore Financial Services si evidenziano 83 deal per un controvalore di 3,8 miliardi di euro.
Per il 2024 c’è un atteggiamento di cauto ottimismo per la ripresa dei controvalori per il mercato dell’m&a, aspettativa supportata da diversi fattori. In prima istanza, sottolinea KPMG, la pipeline in termini di operazioni annunciate, ma non ancora finalizzate, risulta piuttosto rilevante aggirandosi intorno ai 40 miliardi di euro.
Una seconda ragione rilevante che permette di guardare al 2024 positivamente riguarda la politica monetaria e in particolare l’andamento atteso dei tassi di interesse. La maggioranza degli analisti indica che ormai il picco sia stato raggiunto, sia negli Stati Uniti sia nell’Unione Europea e sono quindi prevedibili tagli da parte delle banche centrali, nel corso del 2024, in particolare negli Usa. La maggiore facilità di accesso al credito potrebbe favorire la ripresa delle acquisizioni, con particolare riferimento a quegli acquirenti, come i fondi di private eEquity, che fanno maggiore utilizzo della leva finanziaria nelle loro operazioni.
Un ulteriore elemento rassicurante riguarda le valutazioni fornite sull’Italia dalle agenzie di rating, tra cui Moody’s, che ha recentemente confermato il rating dell’Italia Baa3 e ha alzato l’outlook da negativo a stabile. Il clima di maggiore fiducia nel sistema Paese viene confermato dai recenti movimenti sui mercati di Borsa e sul costo del debito pubblico.