Ci sono almeno 9,4 miliardi di euro di liquidità pronti per essere investita in piccole e medie imprese italiane. Il dato è calcolato per difetto, visto che tiene conto soltanto dei capitali raccolti di recente dai fondi di private equity, di venture capital, di private debt e di infrastrutture con focus principale sull’Italia, molti dei quali hanno solo annunciato un closing parziale del fundraising.
Lo scrive MF Milano Finanza in edicola da sabato 25 febbraio, sulla base dei dati forniti attingendo dal database di BeBeez, ricordando che il calcolo non include i i fondi aperti gestiti da sgr che dedicano una quota del patrimonio agli investimenti illiquidi nè la quota di patrimonio dei fondi di private capital internazionali che hanno comunque costantemente nel radar l’Italia, né tanto meno gli impegni residui ancora da “tirare” dei tre fondi nei quali è stato scisso il vecchio Fondo Italiano d’Investimento (si veda altro articolo di BeBeez) che a fine giugno 2016, secondo i rispettivi rendiconti, ammontavano ancora a un totale di circa 500 milioni.
Non si tratta però certo di investimenti alla portata di tutti, perché essendo illiquidi in genere vengono proposti soltanto a investitori istituzionali o a privati cosiddetti professionali, cioè i family office che agiscono per le grandi famiglie imprenditoriali o per i cosiddetti high-net worth individual. Si sta infatti parlando di tagli minimi di investimento di 500 mila euro.
“La quota di investimenti in asset illiquidi sta aumentando tra i nostri clienti; diciamo che oggi la media è del 30-40% sul totale degli investimenti, mentre uno o due anni fa eravamo sul 20-30%”, ha detto a MF Milano Finanza Roberto Tronci, chief investment officer di Albacore Wealth Management, multifamily office con base a Lugano che gestisce il patrimonio di molte famiglie italiane e che in precedeza era il family office della famiglia de Benedetti. “Noi però investimano a livello globale e quindi posso dire che l’Italia al momento pesa per l’1 o 2% nei portafogli illiquidi dei nostri clienti”, ha precisato Tronci. “In genere investiamo in veicoli di investimento alternativi, ma capita anche di coinvestire direttamente nelle sngole aziende. In questo modo i portafogli illiquidi che abbiamo iniziato a investire nel 2006 oggi hanno fruttato un Irr (il tasso interno di rendimento, ndr) del 14,7% al netto delle commissioni, quelli con vintage 2011 un Irr del 14% e quelli che partono ora hanno un obiettivo del 12-14%”.
Non stupisce quindi che nell’ultimo anno in sede di ipo all’Aim, il mercato di Piazza Affari dedicato alle pmi, le aziende abbiano raccolto una percentuale significativa dei capitali proprio da privati professionali. “In ipo le società che sbarcano sull’Aim raccolgono mediamente il 75% dei capitali tra gli investitori istituzionali, ma c’è comunque un 25% di investitori privati classificati come retail che partecipano alla raccolta”, ha sottolinearo Giulio Bastia, condirettore generale di Banca Finnat, che l’anno scorso ha portato sul mercato quattro società (Energica, Smre, Vetrya e 4Aim Sicaf ) e che negli ultimi due anni ne ha affiancate sette per un totale di circa 26 milioni di euro raccolti.
E sempre più spesso questi privati, che in molti casi sono loro stessi imprenditori, decidono di investire in economia reale in gruppo costituendo i cosiddetti club deal. Antesignano di questo approccio all’investimento che coinvolge più imprenditori è Tamburi Investment Partners. Tip lo scorso luglio è andato anche oltre e ha costituito il veicolo Asset Italia (si veda altro articolo di BeBeez) per raccogliere in anticipo la disponibilità degli imprenditori interessati a partecipare ai club deal che saranno di volta in volta proposti dal gruppo di investimento quotato a Piazza Affari e fondato da Gianni Tamburi. A proposito di club deal, MF Milano Finanza riferisce che nelle scorse settimane è stata costituita Ethica Investment Club, società di investimento promossa dagli stessi soci di Ethica Corporate Finance, boutique di advisory fondata da Cosimo Vitola (si veda altro articolo di BeBeez).
Questo interesse al club deal spiega anche il successo della formula della Spac (Special Purpose Acquisition Company) nell’ultimo paio d’anni in Italia. Le Spac hanno raccolto capitali in larga parte proprio tra family office e investitori-imprenditori, attraendoli con il fatto che al momento della scelta della società target sulla quale la Spac andrà a investire i soci della Spac potranno dire la loro e soprattutto avranno sempre in mano un titolo abbastanza liquido, perché in genere quotato all’Aim (per una panoramica complessiva su tutte le Spac d’Italia, si veda altro articolo di BeBeez). Da segnalare che di recente è stata lanciata una nuova Spac, battezzata Crescita (si veda altro articolo di BeBeez) e che lo scorso venerdì la Spac Industrial Stars of Italy2 ha annunciato il nome della società target che intende acquisire (si veda altro articolo di BeBeez).
Vista questa sensibilità agli investimenti in economia reale e pmi da parte dei loro clienti privati più facoltosi, le società di asset management e i private banking si stanno avvicinando molto più di prima al mondo degli asset alternativi, proprio per proporre ai clienti investimenti con prospettive di rendimento più soddisfacenti diquelle offerte oggi dai mercati finanziari liquidi.
Così si spiegano le scelte di Azimut , che già nel 2014 ha lanciato il progetto Libera Impresa, nel quale rientrano gli investimenti nella piattaforma dedicata agli investimenti in start-up Siamo Soci, nel fondo di venture capital P101, nella società di gestione di fondi di private equity e di private debt Futurimpresa sgr, in Azimut Global Counceling e in Ipo Challenger, veicolo di investimento strutturato come evoluzione della Spac da Simone Strocchi, fondatore di Electa, che aveva collocato obbligazioni convertibili anche presso clienti dell’sgr presieduta da Pietro Giuliani (si veda altro articolo di BeBeez).
Proprio con Electa ora Azimut è invece in raccolta per Ipo Club, veicolo che investirà in obbligazioni emesse da cosiddette pre-booking company, società costituite per convogliare capitali nell’acquisizione di quote di società target da quotare in borsa. Di quelle pre-booking company Ipo Club sarà il principale investitore con il 30%, ma il resto sarà raccolto presso terzi. «Si tratta di una struttura aperta”, commenta Strocchi. “Il modello delle Spac sta evolvendo e trovare alleanze con grandi asset manager che possano assicurare un flusso costante di capitali da investire è un grande vantaggio”. Intanto Azimut ha già raccolto 120 milioni su un target di 150, coinvolgendo circa 100 investitori, di cui 70 imprenditori (si veda altro articolo di BeBeez).
Tra i grandi asset manger anche Banca Generali ha lanciato il prodotto alternativo 3Y Income Coupon, che prevede una quota tra il 15-20% del patrimonio investita in comparti alternativi di specialisti nel credito corporate come Muzinich, M&G, T. Rowe Price e Jb Asset Management. La gestione comprende anche il nuovo fondo Astrea che opera nella gestione di cartolarizzazioni di crediti verso le Asl ed è gestito da Cfe, operatore europeo specializzato nel trade-finance (si veda MF Milano Finanza).
Anche sul fronte degli investimenti in fatture, infine, gli asset manager iniziano a essere molto sensibili. Groupama sgr ha lanciato nei mesi scorsi il fondo Supply Chain per acquistare fatture da pmi italiane, con un target di raccolta di 200 milioni, di cui 50 investiti dalla casa madre (si veda altro articolo di BeBeez), mentre la piattaforma di invoice trading Credimi, fondata da Ignazio Rocco di Torrepadula, ha siglato un accordo con Anima sgr, Anthilia Capital Partners sgr, BG Fund Management Lux (Banca Generali ) e Tikehau Capital, che hanno messo a disposizione 50 milioni di euro da investire in fatture offerte sulla piattaforma (Credimi che coinveste per una quota del 5%)(si veda altro articolo di BeBeez).