Credimi, la piattaforma fintech dedicata al lending alle pmi, cofondata da Ignazio Rocco di Torrepadula, ha bisogno di un partner bancario per poter continuare a lavorare. Lo aveva detto chiaro lo stesso Ignazio Rocco lo scorso 9 novembre in occasione del suo intervento a Fintech Future 2022, l’evento annuale di Assofintech, l’associazione italiana per il finech e l’insurtech (si veda qui il video dell’intervento): “Noi dobbiamo innanzitutto risolvere un problema che è il nostro modello di raccolta. Noi oggi raccogliamo attraverso cartolarizzazioni, questo è chiaramente una strozzatura, ci limita molto, quindi dobbiamo dotarci o di una nostra raccolta bancaria, per cui serve una licenza, oppure accordarci o fare una partnership con una banca per avere raccolta bancaria che ci permetterebbe di fare circa il doppio dei volumi e circa tre volte la contribuzione che abbiamo oggi. Fatto quello, ci interessa portare lo stesso approccio alle piccole imprese di altri paesi europei sia quello del credito sia il nuovo prodotto che è un prodotto non di credito, basato su PSD2, che abbiamo sviluppato (servizi di Software as a Service dedicati alle pmi e servizi di finanziamento integrati in transazioni commerciali si veda altro articolo di BeBeez, ndr)”.
E infatti è proprio tra le banche che sta cercando un acquirente l’advisor finanziario KPMG a cui gli azionisti di Credimi hanno dato mandato. Secondo quanto riferito nei giorni scorsi da Il Sole 24 Ore e MF Milano Finanza, il dossier è allo studio di Banca CF+, Unicredit, Credem, Banca Popolare Pugliese, Banca Popolare della Puglia e Basilicata, Illimity e Cassa Centrale Banca. Ma l’elenco potrebbe anche essere più lungo, sono circolati i nomi anche di ION, Intesa Sanpaolo, Banca Popolare di Sondrio e Banco BPM. Il tutto per una valutazione, riferisce Dealflower, di qualche decina di milioni di euro.
L’operazione, però, non è delle più semplici. Ignazio Rocco ci sta lavorando da tempo, in parallelo al progetto di raccolta di un ulteriore round di aumento di capitale, che doveva essere dell’ordine degli 80-100 milioni e doveva seguire il round bridge da 5,7 milioni raccolto a fine 2021 (si veda altro articolo di BeBeez), che era stato sottoscritto in via riservata da alcuni dei soci esistenti e in particolare da Vertis sgr (per 1,8 milioni), Merloni Holding (circa un milione), United Ventures sgr (620 mila euro) e lo stesso Ignazio Rocco (circa 500 mila euro). Secondo quanto risulta a BeBeez, l’aumento di capitale si era reso necessario per permettere a Credimi di continuare a rispettare le regole di vigilanza bancaria, visto il continuo sviluppo del business. Come noto, infatti, gli intermediari finanziari iscritti all’albo di Bankitalia sulla base dell’art. 106 del Testo Unico Bancario, così come è il caso di Credimi, devono rispettare precisi ratio patrimoniali relativi al totale dei finanziamenti erogati.
E questo, perché il modello di business di Credimi, come si legge nella Relazione alla gestione del bilancio 2021 (disponibile per gli abbonati di BeBeez News Premium e BeBeez Private Data), comporta che la società si trovi a “gestire per cicli molto brevi erogazioni con le proprie disponibilità liquide prima di ricedere le posizioni eleggibii ai veicoli di cartolarizzazione Lumen spv e Perseveranza spa“. Per questo Credimi “si è dotata di alcune linee di credito accese presso primari istituti bancari per far fronte a eventuali brevi periodo di scoperto. Inoltre, al fine di finanziare le notes delle cartolarizzazione rispetto alle quali Credimi detiene una quota, la società ha acceso delle apposite linee di finanziamento”.
Di conseguenza, visti gli ulteriori progetti di crescita, l’idea era appunto quella di strutturarsi patrimonialmente in maniera ben più importante. In precedenza la scaleup aveva raccolto capitali in altri due round. Il primo da 8 milioni di euro in due tranche successive chiuse a febbraio 2016 da noti imprenditori e professionisti della finanza (si veda altro articolo di BeBeez) e l’altro da 10 milioni nel settembre 2018, guidato da UV2 (United Ventures sgr) e Vertis Venture 2 Scaleup (Vertis sgr) (si veda altro articolo di BeBeez). Tra gli altri soci istituzionali figurano anche Tikehau Capital e Deutsche Bank.
L’attività, però, nel frattempo ha via via assorbito i capitai raccolti nei precedenti round, generando perdite nette che sono state coperte con le riserve esistenti: a fronte di un margine di intermediazione in crescita a 10,8 milioni di euro nel 2021 dagli 8,1 milioni del 2020 e dai 2,7 milioni del 2019, l’anno scorso si è registrata una perdita netta di 7,6 milioni di euro, dopo i 4,15 milioni del 2020 e i 7,07 milioni del 2019 e contemporaneamente i debiti finanziari lordi sono saliti a 31,5 milioni nel 2021, dai 13,6 milioni del 2020 e dai 21,5 milioni del 2019. L’operazione nuovo round, però, si è rivelata più complicata del previsto e nel frattempo è diventato sempre più difficile finanziarsi.
Questa difficoltà era già emersa lo scorso anno. Sempre nella Relazione al bilancio, infatti, si legge che il principale elemento che ha negativamente impattato la performance nel 2021 è stata “la bassa capacità da parte della società di trasformare in clienti le richieste di finanziamento pervenute, pari a circa euro 7 miliardi, tale fattispecie è stata principalmente dettata dalle restrizioni in termini di criteri di eleggibilitià e di prezzo nel perimetro delle operazioni di cartolarizzazione in essere nel corso dell’esericizio”. Per questo motivo il management si era riproposto di “negoziare operazioni di funding con minori frizioni in termini di criteri di eleggibilità dei crediti in perimetro” e che permettessero “applicazione di prezzi migliori” e che “fossero più remunerative, grazie al track record e allo standing costruiti dalla società”.
Una politica che nei primi due mesi del 2022 stava funzionando, dato che si era visto “un netto miglioramento in termini di volumi erogati e redditività (trend già iniziato negli ultimi mesi del 2021). In particolare si segnala come i volumi medi mensili dei finanziamenti a medio-lungo termine erogati nei primi due mesi del 2022 sono stati pari a euro 44,4 milioni, mentre la media dell’esercizio 2021 è stata pari a euro 32,8 milioni. Parimenti, il revenue yield (al netto delle commissioni di intermediazione) medio su tali finanziamenti è passato da una media 2021 pari al 2,95% al 3,94% dei primi due mesi del 2022, garantendo per quest’ultimo periodo l’equilibrio reddituale”.
E in effetti nella prima parte dell’anno Credimi si era garantita nuovo funding strutturando due nuove cartolarizzazioni. La prima è stata annunciata lo scorso marzo, per un totale di 100 milioni di euro (si legge sempre nella Relazione al bilancio 2021), come ampliamento del programma Perseveranza, ampliamento inizialmente annunciato per 150 milioni (si veda altro articolo di BeBeez), con le note senior che sono state sottoscritte da Duomo Funding, Banco BPM e Intesa Sanpaolo e le junior e le mezzanine da Golden Tree, oltre che dalla stessa Credimi; il Programma Perseveranza aveva preso l’avvio nell’aprile del 2021, con una prima emissione di abs partly-paid da 200 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez). La seconda operazione è stata poi annunciata a giugno, per un importo di 26,6 milioni, e sottoscritta per 25 milioni da Mediocredito Centrale e per 1,6 milioni dalla stessa Credimi (si veda altro articolo di BeBeez).
Nel frattempo, nel semestre la piattaforma aveva erogato prestiti a pmi, sebbene solo per poco più di 255 milioni di euro (si veda qui il Report 6 mesi di Fintech di BeBeez, disponibile per gli abbonati di BeBeez News Premium e BeBeez Private Data), perché rispetto ai primi mesi l’attività era già andata scemando, sino a crollare a luglio con soli 8 milioni intermediati e poi con 2,342 milioni ad agosto e 2,152 milioni a settembre, secondo P2P Market Data, per un totale dei nove mesi 2022 quindi di soli 267,7 milioni, quando in tutto il 2021 erano invece stati erogati ben 434 milioni di euro e nel 2020 addirittura 660 milioni (di cui 295 milioni prestiti a medio-lungo termine e il resto di factoring, attività che poi Credimi ha deciso di abbandonare, perché poco remunerativa). Dopodiché, a partire da ottobre, Credimi non ha più comunicato a P2P Market le proprie statistiche.
Detto questo, in totale da inizio attività nel 2016 e sino a fine settembre scorso, l’intermediato di Credimi ha superato i 2,2 miliardi di euro, portando la società a essere una delle principali piattaforme fintech di lending a livello europeo. E a questo punto è tempo di uscire per gli investitori finanziari che ne hanno accompagnato la crescita.
Lo ha fatto capire Paolo Gesess, co-founder e managing partner di United Ventures sgr, anche lui intervenuto a Fintech Future 2022, che, parlando nel corso della tavola rotonda dedicata agli investitori (si veda qui il video dell’intervento), ha dichiarato: “La ragione per cui abbiamo investito in Credimi è stata ben spiegata dal panel precedente (una tavola rotonda tutta dedicata alle banche fintech, ndr), visto che tutte le banche ormai vogliono andare nella direzione del fintech. Credimi è stata la startup fintech che è cresciuta di più in termini di erogato alle pmi. Di solito, noi come un po’ tutti gli operatori di venture capital, puntiamo a portare le nostre partecipate a crescere internazionalmente. Ma in questo specifico caso il mercato italiano potenziale delle pmi era già enorme ed è bastato a far diventare grande la società. Noi, in quanto operatore di venture capital, cerchiamo aziende che da piccole possano diventare grandi e poi, una volta diventate grandi, vogliamo venderle. Quindi ora dobbiamo capire qual’è questa strada“.