di Alessandro Albano
C’è una possibilità che la telenovela della famiglia Illy non si concluda in Tribunale. Riccardo, Anna e Andrea Illy, soci dell’omonimo gruppo del caffè con una quota del 23,09% ciascuno, secondo quanto riportato da ItaliaOggi puntebbero a un accordo transattivo sul valore delle quote del fratello Francesco, al 20,7%, che vorrebbe uscire dalla compagine societaria della holding Gruppo Illy.
Ricordiamo che a Gruppo Illy fa capo sia IllyCaffè, società tra i maggiori produttori italiani di arabica, partecipata dal novembre 2020 per il 20% dal fondo Rhône Capital tramite Ambrosia Holdings (si veda altro articolo di BeBeez), sia la sub-holding Polo del Gusto, che raggruppa a sua volta marchi di thè (Dammann Frères), cioccolato (Domori), pasticceria inglese (Prestat), confetture (Agrimontana), vino (Mastrojanni) e bar e gelaterie (Fgel), oltre la britannica Rococo Chocolate, acquisita lo scorso giugno (si veda qui il comunicato stampa) e l’85% di Pintaudi, marchio specializzato in prodotti da forno, entrato a far parte del Polo del Gusto a novembre 2021, con un’operazione il cui closing è avvenuto lo scorso aprile (si veda qui il comunicato stampa). Anche su Polo del Gusto sono in corso da tempo trattative con potenziali investitori per la cessione di una quota di minoranza, ma ora l’operazione si è trasformata in un’apertura del capitale a nuovi investitori per le due principali controllate, cioé Damman e Domori, come riferito dal presidente del Polo del Gusto, Riccardo Illy, sempre a Italia Oggi.
La volontà di Francesco Illy di uscire dal gruppo risale a inizio 2020, quando aveva cercato di vendere le proprie quote raggiungendo un accordo di massima con il fondo Peninsula, intesa poi svanita per via del diritto di prelazione dei fratelli sulla quota di Francesco, che di fatto dà loro l’ultima parola sull’interlocutore. Per questo motivo nel frattempo si erano fatti avanti altri potenziali investitori, in particolare si era parlato all’epoca diBain Capital (si veda altro articolo di BeBeez) e del fondo FSI, guidato da Maurizio Tamagnini (si veda altro articolo di BeBeez). Ma allora era ancora in vendita anche la quota della controllata IllyCaffé e l’interesse dei fondi per la quota di Francesco Illy era legato alla possibilità di avvicinarsi alla società operativa, poi appunto invece finita nel portafoglio di Rhone Capital.
In effetti la cessione dl 20% di illyCaffè a Rhone Capital era finalizzata anche a procurare agli altri fratelli Illy i mezzi per liquidare Francesco, una volta concluso il lavoro di valutazione della quota di Francesco da parte del collegio peritale nominato allo scopo. Tuttavia alla fine la valutazione dello stesso collegio, fissata in 162 milioni di euro, era stata contestata dalla famiglia che ha fatto ricorso al Tribunale delle imprese di Roma. Francesco ha reagito ottenendo dalla magistratura, lo scorso ottobre, un decreto ingiuntivo (non esecutivo) per la liquidazione diretta della sua quota (si è in attesa della prima udienza) e ha chiesto un arbitrato ai presidenti dei tribunali di Roma e Milano, il cui collegio deve ancora insediarsi. Un incrocio di carte bollate di cui la famiglia farebbe volentieri a meno, per questo si lavorerebbe a un’intesa più rapida.
I conti descrivono una realtà aziendale in salute. La holding può contare su un fatturato 2021 di 590 milioni (+18,5% sul 2020), un ebitda di 62 milioni (+10,5%) e un debito finanziario netto di 93,1 milioni (da 95 milioni) (si veda qui il report di Leanus dopo essersi registrati gratuitamente).
Bilancio solido anche per la controllata Illy Caffè. Guidata dall’amministratore delegato Cristina Scocchia che a inizio anno dal retailer KiKo ha preso il posto di Massimiliano Pogliani altro articolo di BeBeez). Nei primi sei mesi 2022 la società ha infatti registrato un incremento dei ricavi del 21% rispetto al 2021, anno in cui il fatturato è stato chiuso a quota 499,5 milioni di euro (+12% dal 2020), con margine operativo lordo in aumento del 16% a 80,3 milioni e un utile netto di 11,9 milioni, a fronte di un debito finanziario netto di 95 milioni (si veda qui il report di Leanus dopo essersi registrati gratuitamente).
Quanto a Polo del Gusto, la società guidata dal ceo Andrea Macchione, nominato nell’aprile 2021 (si veda altro articolo di BeBeez) nel 2021 per la prima volta ha superato i 100 milioni di fatturato, segnando un + 36% sul 2020, e un +13% sul 2019. Tutti i marchi del Polo hanno chiuso in positivo e in crescita: i dati più notevoli riguardano le aziende trainanti del gruppo, in particolare modo Dammann Frères, che ha chiuso l’anno con un fatturato di 37,2 milioni, e Domori, che ha chiuso con 26,3 milioni. Seguono Agrimontana con 25,1 milioni, Prestat con 7,3 milioni, Mastroianni con 3,6 milioni e F-Gel con 1,9 milioni (si veda qui il comunicato stampa).
Da tempo, come accennato sopra, si parla di una possibile dismissione di una quota di minoranza (20-40%) della società valutata attorno ai 250 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez), senza che però si sia mai arrivati a qualcosa di concreto. Gli ultimi rumor riferivano di trattative con Dea Capital Alternative Funds sgr a inizio anno, poi finite in un nulla di fatto (si veda altro articolo di BeBeez).
Le novità sono invece arrivate ora. A Italia Oggi, infatti, Riccardo Illy ha dichiarato: “Ci sono ancora contatti aperti, ma intuiamo la difficoltà a capire la complessità del Polo del Gusto, una realtà con quote di controllo e di minoranza in società che vanno dal tè al cioccolato, dal vino ai biscotti. Inoltre la valorizzazione di Mastrojanni è piuttosto elevata e rientra più nella logica della patrimonializzazione che in quella dell’ebitda. Il business è stabile ma di lunghissimo termine. Infatti alcuni potenziali investitori hanno chiesto di scorporare la cantina”. Alla fine quindi, ha detto ancora Illy, “abbiamo accettato l’idea di avere due partner finanziari nelle due principali società: Dammann e Domori. In entrambe abbiamo due negoziati in corso. Questa è la via più semplice per gli investitori, anche se più complessa per noi che dovremo chiudere due operazioni. Il progetto è di procedere a un aumento di capitale per Domori, con lo scopo di patrimonializzarla, e a una cessione di azioni Dammann, per acquisire risorse da investire”.