CVC Capital Partners rompe le uova nel paniere a KKR e presenta un’offerta non vincolante per una quota del 49% per l’area Enterprise di ServCo, la newco dei servizi del gruppo TIM, che nascerà dopo la separazione da Netco (rete e Sparkle), secondo il progetto di scorporo previsto dal ceo Pietro Labriola (si veda qui il comunicato stampa sul piano industriale 2022-2024 e qui la presentazione agli analisti).
Lo hanno scritto nel weekend Bloomberg e Reuters, a conferma dei rumor che si erano rincorsi nei giorni scorsi. Sempre secondo quanto riferito dalle due agenzie internazionali, l’unità Enterprise di Servco comprenderà le attività commerciali nel mercato Enterprise del gruppo, integrate dalle digital companies Noovle (Cloud), Olivetti (IoT) e Telsy (cybersecurity), che vantano un fatturato aggregato 2021 di circa 2,7 miliardi di euro sul totale di 9,9 miliardi dell’intera ServCo. CVC, che è supportato da Nomura, di cui senior advisor è come noto l’ex ad TIM Marco Patuano, da Barclays e dall’avvocato Sergio Erede, avrebbe chiesto 10 settimane di trattativa esclusiva, di cui 8 per la due diligence e due per depositare l’offerta vincolante.
Questa mattina TIM ha confermato l’arrivo di una offerta non vincolante da parte di CVC relativa all’acquisto di “una partecipazione di minoranza in una società, da costituire in caso di perfezionamento dell’operazione, nella quale sarebbero incluse le attività della divisione Enterprise di TIM (cioè connettività e servizi ICT) oltre a quelle di Noovle, Olivetti, Telsy e Trust Tecnologies. La proposta
sarà sottoposta alle determinazioni di competenza del Consiglio di Amministrazione di TIM”. La stessa nota ha inoltre confermato che proseguono le interlocuzioni con KKR, “al fine di acquisire le indicazioni necessarie per giudicare concretezza, attualità e attrattività della manifestazione non vincolante ed indicativa di interesse inviata in data 17 novembre 2021” (si veda qui il comunicato stampa).
Il nome di CVC non è per nulla nuovo nella partita per TIM. Ricordiamo infatti che lo scorso novembre, poco prima che KKR mettesse sul piatto la sua offerta 11 miliardi di euro per TIM (si veda altro articolo di BeBeez), erano circolati anche i nomi di altri fondi come interessati al dossier, tra i quali quelli del fondo svedese EQT, di Advent International e proprio di CVC Capital Partners. “Advent e Cvc si dicono aperti al dialogo con tutti gli stakeholders per identificare in modo trasparente una soluzione di sistema per il rafforzamento industriale di TIM”, aveva poi dichiarato all’ANSA un portavoce dei fondi che parallelamente aveva smentito che ci fossero stati contatti con il gruppo francese Vivendi, azionista di TIM al 23,75%, che da sempre non ha nessuna intenzione di lasciare spazio a KKR. Si erano infatti diffuse voci che Vivendi avesse arruolato CVC per creare una controcordata in risposta alle avances di KKR, ma In realtà sempre a novembre anche Vivendi aveva smentito le voci (si veda qui l’ANSA). Intanto interessato al dossier sembra anche essere Apax Partners.
A questo punto la palla passa al consiglio di amministrazione di TIM, che, già convocato per domani 29 marzo, ci si attende debba trattare il tema dell’offerta di KKR, visto in occasione della precedente riunione dello scorso 13 marzo, “il Consiglio ha deliberato all’unanimità di dare mandato al Presidente e all’Amministratore Delegato, nella prospettiva di conseguire la massima valorizzazione di TIM, anche con riferimento ad eventuali altri soggetti interessati, di avviare un’interlocuzione con KKR, formale e ulteriore rispetto a quelle già intraprese informalmente nei mesi scorsi dai consulenti” (si veda altro articolo di BeBeez). E infatti a quel punto è partita la lettera di KKR a TIM che aveva chiesto chiarimenti richiesti su alcuni temi chiave, come le modalità’ per raccogliere le risorse per l’opa, la divisione fra equity e leva e i tempi stimati per l’operazione. Ora si vedrà se e come il Cda di domani affronterà anche il tema dell’offerta di CVC.
Sempre a proposito dell’offerta di KKR, ricordiamo che nella nota diffusa da TIM a valle del Cda del 13 marzo, il gruppo sottolineava inoltre che “con la finalizzazione del piano industriale di TIM in data 2 marzo 2022, gli advisor hanno ricevuto gli elementi rilevanti e necessari per valutare la manifestazione d’interesse e compararla anche con le prospettive del gruppo e con le altre alternative strategiche” e che “alla luce delle indicazioni preliminari degli advisor finanziari in merito alle prospettive di valorizzazione della società basate sul Piano Industriale 2022-2024 e sulle proiezioni fino al 2030, il Consiglio ha confermato la volontà di eseguire il Piano e di procedere all’esplorazione e allo sviluppo del progetto in discontinuità, attraverso la riorganizzazione delle attività del gruppo e una possibile integrazione con Open Fiber spa, coltivando il negoziato con CDP e le necessarie interlocuzioni con le Autorità”. Integrazione che ora sembra sempre più vicina.
Nei giorni scorsi, infatti, in occasione del suo intervento al Bloomberg Italy Forum, Francesco Giavazzi, consigliere economico della presidenza del Consiglio, ha detto: “La rete unica è uno degli obiettivi del governo e succederà”. La conferma di una stretta sul progetto arriva anche da Cassa depositi e prestiti, azionista al 10% di TIM e al 60% in Open Fiber. L’amministratore delegato Dario Scannapieco ha detto infatti: “Una duplicazione degli investimenti sulla rete non ha senso dal punto di vista industriale. Monitoriamo attentamente l’evoluzione di un settore strategico per l’Italia”.
A proposito di Open Fiber, il gestore di rete FTTH (Fiber To The Home), ricordiamo che a inizio dicembre 2021 è stato siglato il closing delle operazioni di vendita del 50% del capitale da parte di Enel a Cdp e Macquarie Infrastructure (si veda altro articolo di BeBeez). Nel dettaglio, da un lato Cdp Equity ha comprato un’ulteriore partecipazione del 10% del capitale di Open Fiber, diventandone così il maggiore azionista con una quota complessiva appunto del 60%; e dall’altro Macquarie Asset Management ha completato l’acquisizione da Enel del restante 40%. L’annuncio del deal era dello scorso agosto (si veda altro articolo di BeBeez). Sempre lo scorso dicembre Open Fiber ha annunciato ben 11 miliardi di investimenti e linee di credito complessive estese a 7,175 miliardi nell’ambito del nuovo Piano industriale 2022-2031 (si veda altro articolo di BeBeez).
Sul fronte della fibra, a fine febbraio l’Authority Antitrust ha accolto gli impegni di TIM, Fastweb, Tiscali e KKR presentati dopo l’avvio del procedimento a fine 2020 sull’annunciata operazione di investimento di Tiscali in FiberCop, la nuova società in cui sono confluite la rete secondaria di TIM (Fiber-to-the-Home o FTTH, cioé dall’armadio in strada alle abitazioni dei clienti) e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture di TIM (80%) e Fastweb (20%) e che è oggi controllata da TIM al 58% e partecipata da KKR al 37,5% e da Fastweb al 4,5% (si veda altro articolo di BeBeez).
(Articolo modificato alle ore 9.20 del 28 marzo 2022 – si aggiungono contenuto e link del comunicato di TIM di questa mattina)