OK a proseguire con le trattative con KKR. Lo ha deciso ieri il Consiglio di amministrazione di TIM dopo una riunione fiume, iniziata alle 17 e andata avanti siano a quasi a mezzanotte, quando è stato poi diffusa la nota, che recita: “Il Consiglio ha deliberato all’unanimità di dare mandato al Presidente e all’Amministratore Delegato, nella prospettiva di conseguire la massima valorizzazione di TIM, anche con riferimento ad eventuali altri soggetti interessati, di avviare un’interlocuzione con KKR, formale e ulteriore rispetto a quelle già intraprese informalmente nei mesi scorsi dai consulenti” (si veda qui il comunicato stampa).
Ricordiamo che lo scorso novembre KKR aveva presentato al Consiglio di amministrazione di TIM una manifestazione di interesse non vincolante e indicativa per lanciare un’opa sul 100% delle azioni ordinarie e di risparmio del gruppo, con obiettivo il delisting, al prezzo indicativo di 50,5 centesimi per azione ordinaria o di risparmio, da pagare interamente per cassa, per un totale, quindi, di circa 11 miliardi di euro (si veda altro articolo di BeBeez).
Ad affiancare TIM sono da un lato gli advisor Mediobanca e Vitale, scelti dall’ad Pietro Labriola, e dall’altro Goldman Sachs e LionTree, scelti dal Comitato ad hoc (si veda altro articolo di BeBeez). Ad assistere KKR, invece, sono JPMorgan e Morgan Stanley.
In particolare ora l’attività di interlocuzione formale con KKR, “con il supporto degli advisor, avrà l’obiettivo di ottenere informazioni per valutare l’attrattività e la concretezza della potenziale offerta da un punto di vista finanziario e industriale e conseguentemente, acquisire indicazioni su eventuali elementi che ancora necessitano di approfondimenti, definendo un periodo e perimetro limitati per lo svolgimento di una due diligence di natura esclusivamente confirmatoria”.
Hanno vinto questa prima battaglia, quindi, alcuni dei fondi azionisti di TIM. Nei giorni scorsi, infatti, per esempio in una lettera firmata dal direttore investimenti, Guido Maria Brera, Kairos sgr ha espresso “profondo sconcerto e preoccupazione per atteggiamenti tenuti e decisioni adottate dall’organo amministrativo della società negli ultimi mesi, che a nostro giudizio potrebbero provocare ingenti danni alla società e ai suoi azionisti, inclusi gli investitori nei fondi da noi gestiti”, “questo atteggiamento di chiusura a priori rispetto alla facilitazione alla presentazione di un’offerta vincolante” di KKR “di fatto preclude un’opzionalità per gli azionisti”. Sulla stessa linea ci sarebbero anche altri fondi azionisti di TIM, come Norges. Tutti contrari alla posizione di Vivendi, il colosso tlc francese primo azionista di TIM con il 23,05%, che peraltro nel bilancio 2021 appena approvato ha dovuto svalutare la posizione di 20 centesimi per azione a 65,7 centesimi per azione, per un totale di 728 milioni (si veda qui la presentazione agli analisti).
Nella sua nota di questa notte, TIM sottolinea inoltre che “con la finalizzazione del piano industriale di TIM in data 2 marzo 2022, gli advisor hanno ricevuto gli elementi rilevanti e necessari per valutare la manifestazione d’interesse e compararla anche con le prospettive del gruppo e con le altre alternative strategiche” e che “alla luce delle indicazioni preliminari degli advisor finanziari in merito alle prospettive di valorizzazione della società basate sul Piano Industriale 2022-2024 e sulle proiezioni fino al 2030, il Consiglio ha confermato la volontà di eseguire il Piano e di procedere all’esplorazione e allo sviluppo del progetto in discontinuità, attraverso la riorganizzazione delle attività del gruppo e una possibile integrazione con Open Fiber spa, coltivando il negoziato con CDP e le necessarie interlocuzioni con le Autorità”. Non solo. “Il Consiglio ha, inoltre, confermato la convinzione che vi sia in TIM un valore inespresso, anche in relazione alle discontinuità di cui sopra, che deve essere tenuto in debita considerazione nel valutare qualunque opzione alternativa alla realizzazione del Piano Industriale”.
A proposito di Open Fiber, il gestore di rete FTTH (Fiber To The Home), ricordiamo che a inizio dicembre 2021 è stato siglato il closing delle operazioni di vendita del 50% del capitale da parte di Enel a Cdp e Macquarie Infrastructure (si veda altro articolo di BeBeez). Nel dettaglio, da un lato Cdp Equity ha comprato un’ulteriore partecipazione del 10% del capitale di Open Fiber, diventandone così il maggiore azionista con una quota complessiva del 60%; e dall’altro Macquarie Asset Management ha completato l’acquisizione da Enel del restante 40%. L’annuncio del deal era dello scorso agosto (si veda altro articolo di BeBeez). Sempre lo scorso dicembre Open Fiber ha annunciato ben 11 miliardi di investimenti e linee di credito complessive estese a 7,175 miliardi nell’ambito del nuovo Piano industriale 2022-2031 (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo che gli advisor dell’ad Labriola, Mediobanca e Vitale, sono certi che la valutazione di TIM con la separazione della rete e in caso di fusione con Open Fiber, porterebbe il titolo a 1,27 euro, liberando 1 euro per azione, mentre per Goldman Sachs e Lion Tree scelti dal Comitato ad hoc, si attesta tra 1 e 1,30 euro la potenziale valorizzazione di TIM in caso di esecuzione del piano industriale.
Sul fronte della fibra, ricordiamo anche che a fine febbraio l’Authority Antitrust ha accolto gli impegni di TIM, Fastweb, Tiscali e KKR presentati dopo l’avvio del procedimento a fine 2020 sull’annunciata operazione di investimento di Tiscali in FiberCop, la nuova società in cui sono confluite la rete secondaria di TIM (Fiber-to-the-Home o FTTH, cioé dall’armadio in strada alle abitazioni dei clienti) e la rete in fibra sviluppata da FlashFiber, la joint-venture di TIM (80%) e Fastweb (20%) e che è oggi controllata da TIM al 58% e partecipata da KKR al 37,5% e da Fastweb al 4,5% (si veda altro articolo di BeBeez).
Ricordiamo poi che sullo sfondo c’è anche l’offerta vincolante recapitata a inizio marzo da un consorzio di investitori istituzionali guidati da Ardian per l’acquisto della maggioranza del capitale sociale della holding Daphne 3, che detiene il 30,2% del capitale sociale di Infrastrutture Wireless Italiane spa (Inwit). L’offerta è già stata valutata con favore dal Cda, vista la necessità di TIM di abbattere il peso dei debiti (si veda altro articolo di BeBeez).