Articolo pubblicato su BeBeez Magazine n. 14 del 21 ottobre 2023,
di Giuliano Castagneto
Nel 2023 la logistica è diventata l’asset class più gettonata nel mercato italiano del real estate, malgrado nei primi 9 mesi dell’anno i volumi si siano ridotti a un terzo rispetto al record del 2022. Nuovi investitori internazionali sono sbarcati a sud delle Alpi, niente affatto intimoriti dall’impennata dei tassi e soprattutto dei costi di costruzione, sebbene siano parecchi i progetti in stand by, concepiti più di un anno fa in un contesto del tutto diverso. Gli investitori italiani? Non pervenuti
di Giuliano Castagneto
Il 2023 è destinato a passare alla storia come l’anno più caldo di sempre, ma nel frattempo il mercato italiano del real estate è finito nel congelatore, con la logistica che, sebbene accusi il colpo, resta l’unico segmento davvero ancora effervescente.
Nei nove mesi del 2023 i volumi di compravendite, secondo quanto riportato dall’advisor immobiliare Dils, non hanno infatti superato i 3,6 miliardi di euro, solo poco più di un terzo dei 9,4 miliardi scambiati nello stesso periodo del 2022, anno record con 11,7 miliardi nell’arco dei 12 mesi (si veda articolo di BeBeez). Di questi 3,6 miliardi, 1,5 miliardi riguardano il terzo trimestre, di cui 474 milioni la logistica (un miliardo nei 9 mesi). Poco più alta, 3,7 miliardi, la cifra complessiva di investimenti in real estate nei 9 mesi calcolata da C&W, che ha mappato 1,4 miliardi di euro di deal nel terzo trimestre, di cui 450 milioni nella logistica. Numeri analoghi a proposito degli investimenti in logistica emergono anche dagli ultimi report dedicati al settore da JLL (640 milioni nei 6 mesi, -52% dal semestre 2022), Savills (un miliardo nei 9 mesi) and Collier (428 milioni ne terzo trimestre, -40%).
Una gelata di cui BeBeez Magazine n. 7 del 27 maggio 2023 aveva già dato conto nell’inchiesta di copertina e colpa anzitutto dell’impennata dei tassi di interesse che nel giro di un anno sono passati dal territorio negativo a livelli intorno al 4%. E insieme ai tassi è aumentata molto l’incertezza, innescata dal dilagare delle tensioni geopolitiche (da Russia-Ucraina a Israele-Hamas) e l’esplosione dei costi di energia e materie prime. Conseguenza diretta di tutto ciò sono stati cali spesso compresi tra il 40 e l’80%, con l’unica eccezione degli asset alternativi (soprattutto data center e case di cura), dato che però riflette la carenza di simili strutture in Italia.
Nel frattempo la logistica, sulla piazza d’onore nel 2022, non solo è balzata in testa, ma soprattutto nel terzo trimestre del 2023, nonostante il periodo estivo, ha conosciuto una fortissima accelerazione, al punto da registrare in tre mesi quasi lo stesso importo di investimenti del primo semestre.
E al di là delle cifre investite, il totale degli spazi affittati, noto nel settore come take-up, nel trimestre ha raggiunto i 680.000 mq cioè il 34% in più rispetto allo stesso periodo del 2022, stabilendo il record per i primi nove mesi dell’anno con quasi 2,2 milioni di mq (l’11% in più rispetto allo stesso periodo del 2022).
Le operazioni si sono intensificate soprattutto a fine settembre, in una tre giorni che ha coinvolto più di 650.000 mq. Dapprima Logistis, fondo immobiliare paneuropeo gestito da AEW (Natixis IM), ha completato lo sviluppo di 38.500 mq a Calvenzano nel Bergamasco (si veda articolo di BeBeez). Pochi giorni dopo è stato annunciato lo sbarco in Italia del gruppo Weerts, operatore francese specializzato nella logistica con 1 milione di mq in gestione, , con tre distinti progetti a Fidenza, Venezia e Modugno (Bari) per complessivi 550.000 mq di cui il solo progetto nella città lagunare (Venica Logistics Park) pesa per 400.000 mq (si veda articolo di BeBeez). E infine l’investitore tedesco Patrizia AG ha investito 70 milioni di euro nel Piacenza Business Park da 80.000 mq rilevandolo, attraverso il fondo TransEuropean VII, dallo sviluppatore di impianti industriali Akno (si veda articolo di BeBeez).
Una felice congiunzione
Questa quasi improvvisa corsa ai magazzini, proprio mentre i tassi sembrano intenzionati a salire ulteriormente e la congiuntura rallenta, si spiega con un’insolita convergenza di alcuni fattori favorevoli. “Sono essenzialmente due fattori”. spiega Alessandro Petruzzi, head of Industrial 6 Logistics presso CBRE Italy. “Anzitutto la crescente disponibilità di prodotto nuovo e di migliore qualità, quindi dotato di elevate caratteristiche ESG, ha consentito di aumentare significativamente il take up. Attualmente gli spazi sfitti, cioè il vacancy rate, è di circa l’1,6%, tra i più bassi in Europa”. In altri termini chi compra spazi logistici, almeno della categoria Core Plus, è praticamente certo di trovare un inquilino e quindi di non tenere il capitale fermo, cosa molto costosa con i tassi al 4%”. Ma a che prezzo questi spazi vengono locati? Continua Petruzzi: “‘E’ Il secondo fattore alla base del boom. La logistica in Italia sta vivendo un sensibile riallineamento verso l’alto dei canoni di locazione. Quest’ultimo dipende molto dalle zone, ma nei mercati cosiddetti prime, i più ambiti, come Milano o Roma, si è arrivati a valori superiori ai 70 euro al mq annuali. Stimiamo inoltre che tendenza proseguirà nei prossimi 2 o anche 3 trimestri”. E conferma Raoul Ravara, managing director di Hines Italy, che nella logistica in Italia ha investito circa 2 miliardi di euro dal 2020: “La crescita dei canoni è quello che sta muovendo oggi il mercato”.
Finita l’era Amazon, arriva la logistica speculativa
Un vacancy rate quasi nullo e canoni in crescita stabile sono il sogno di qualsiasi investitore nell’immobiliare, perché vuol dire che il mercato lo fa chi offre spazi e l’investimento è privo di rischi. Curiosamente, un notevole contributo al boom della domanda e del take up l’ha dato proprio l’aumento dei canoni. Spiega lo stesso Ravara: “Tradizionalmente gli operatori 3PL, cioè i fornitori di servizi logistici in conto terzi, cercano di allineare la durata dei contratti di affitto con quella dei contratti di servizio, Questi ultimi sono mediamente triennali. Ma fino a un anno fa gli investitori in logistica preferivano affittare su periodi molto più lunghi, di solito a 6 anni con opzione di rinnovo per altri sei, in modo da avere un flusso di pagamenti stabile nel tempo e apprezzato con tassi e inflazione bassi. Fare incontrare domanda e offerta non era semplice”. In tal senso aiutavano le break-option che prevedevano estinzioni anticipate dei contratti. “Ma adesso”; continua Ravara, “con i canoni in crescita gli stessi investitori preferiscono contratti più brevi per consentire un repricing dei canoni più veloce.
Oltretutto l”aumento dei tassi e la frenata dell’economia hanno anche portato alla fine dell’era Amazon, cioè di quel lungo periodo in cui era il Moloch dell’e-commerce a muovere il mercato rappresentando circa il 20% del take up complessivo, stante la domanda dei suoi servizi, in continua crescita soprattutto negli anni della pandemia. Amazon era solita richiedere contratti da 9 a 12 anni, indicizzati (a sconto) all’inflazione. Fino a due anni fa, con inflazione stabile, tassi sottozero e rendimenti richiesti fra il 3 e il 4%, per gli investitori era l’ideale.
Ma nel 2023 le cose sono profondamente cambiate. Incertezza e timori di recessioni hanno infatti indotto il gruppo di Jeff Bezos a rivedere i piani di espansione in Italia, cancellando gli investimenti (e i posti di lavoro) programmati a Cuneo e in provincia di Firenze. I grafico in pagina, tratto dall’edizione 2023 dell’annuale ricerca sull’e-commerce della Casaleggio & Associati, spiega chiaramente il motivo di tale decisione: il commercio online in Italia è sempre in crescita, ma il boom è finito. Ed è finita anche l’epoca del “build to suit”, ovvero degli spazi strutturati su misura delle esigenze di un cliente specifico, che hanno dominato il mercato sino al 2022. “In generale, vediamo un aumento del prodotto non più costruito sulle specifiche dell’inquilino, il cosiddetto prodotto speculativo, perché, in una situazione dove la domanda rimane disallineata all’offerta, spazi standardizzati e di qualità si affittano rapidamente”, aggiunge Petruzzi di CBRE Italy.
Spazi standardizzati, affitti più brevi. E’ quello che gli esperti definiscono logistica “speculativa”, ovvero opportunistica, che rappresenta un punto di cesura rispetto al modello precedente, basato sulla stabilità. Ma se non c’è più l’e-commerce a spingere il mercato, cosa sta alimentando una domanda di spazi che non ha precedenti? La stessa salita dei tassi di interesse. Infatti le stesse aziende utilizzatrici dei servizi di logistica hanno sempre maggiore necessità, alimentata dai crescente costo finanziario del capitale circolante, di catene di approvvigionamento efficienti e quindi sono disposte a pagare costi maggiori per avere scorte al livello minimo, magari in aree dove non c’è grande disponibilità di simili spazi, soprattutto nel segmento last-mile, cioè la logistica di prossimità.
Una situazione paradossale
In questo scenario, che definire positivo forse è riduttivo, non manca tuttavia una nota stonata. Le aziende hanno fame di spazi come mai prima. “Ci attendiamo un take-up attorno ai 2,8 milioni di mq da qui a fine 2023, vero record per il nostro mercato”, precisa Petruzzi di CBRE Italy. Eppure le compravendite di spazi sono state poco più di un terzo rispetto ai 9 mesi del 2022. In altri termini, se gli affitti vanno alla grande, gli investimenti segnano il passo. Questo perché “nel segmento ci sono diversi progetti di sviluppo attualmente in stand by”, segnala Ravara di Hines. Ovvero, tra gli operatori comincia a serpeggiare il timore che il giocattolo possa rompersi. Uno dei rischi è rappresentato dai costi di costruzione, che nel giro di un anno sono passati da circa 380 a 500 euro al metro quadro, a causa della penuria di materiali e componenti sul mercato, che si è aggiunta all’inflazione. Ma le cose erano andate anche peggio 12 mesi fa. “A settembre del 2022 il costo era salito a 580 euro. I preventivi dei general contractor e dei fornitori avevano una durata brevissima”, ricorda Marco Grassidonio, country head dell’investitore tedesco Garbe, tra i grandi player l’ultimo in ordine di tempo ad affacciarsi in Italia. “Con i costi di costruzione ai livelli attuali, per avere lo stesso ritorno economico su un progetto il costo del terreno dovrebbe scendere a zero”, spiega Ravara. Condizione ovviamente irrealizzabile.
Altro ostacolo, il ritorno sull’investimento richiesto dagli investitori, che è passato da circa il 3,5% al 5,2%, cioè il minimo indispensabile per essere competitivo con i BTP, cosa che non aiuta certo le compravendite. E’ quindi ovvio che chi ha già investito tanto negli anni passati, come Hines, adesso si dedichi alla valorizzazione di quanto acquistato.
Ingegneria finanziaria
Per attutire l’impatto d questi fattori avversi, alcuni grandi fondi stanno ricorrendo all’ingegneria finanziaria in modo da ridurre il costo del funding dei progetti o aumentarne il rendimento finale. “Si tende a finanziare uno sviluppo interamente con equity, e in un secondo momento se ne rifinanzia una parte con prestiti bancari o di fondi di private debt, portando a garanzia, in alcuni casi, i flussi di cassa generati da iniziative precedenti già a regime. In tal modo si riduce il costo del funding nonché l’equity investito, aumentandone il rendimento”, spiega Ravara. E’ stato anche questo per esempio il motivo della riorganizzazione, tramite deconsolidamento parziale di un comparto a favore dell’altro, del patrimonio del fondo Logistis di AEW (Natixis IM), propedeutica al rifinanziamento delle attività del fondo, per un ammontare complessivo di 145 milioni, da parte di Crédit Agricole CIB e ING Bank (si veda articolo di BeBeez). E aggiunge Grassidonio di Garbe: “Questa strategia consente ai fondi di sviluppo di mettersi al riparo dal rischio tassi in fase di realizzazione, mentre la crescita dei canoni consente di assorbire l’aumento dei costi di costruzione, già peraltro stabilizzatisi dopo la fiammata del 2022. Ovviamente sul’IRR dell’investimento gioca il fattore tempo, ma oggi i tempi di realizzazione si aggirano intorno ai 12 mesi, anche perché una struttura logistica si realizza molto più velocemente di un immobile uso uffici”.
Il capolinea è ancora lontano
L’ingegneria finanziaria è tuttavia solo uno dei fattori che consentirà alla logistica di confermarsi in Italia come l’asset class immobiliare preferita. Altri elementi, di natura più strutturale, sosterranno la domanda e i canoni di affitto nei prossimi anni. “Il parco logistico italiano è molto obsoleto. Sono sempre più richiesti nuovi standard rispetto agli spazi generalmente disponibili sul mercato. Per esempio è sempre più richiesta l’altezza di 12 metri quando molti spazi sono mediamente alti 6 o 7 metri” sottolinea Pierluigi Scialanga, responsabile per l’Italia dell’investitore tedesco Patrizia AG, che in tutto il mondo gestisce immobili per 60 miliardi di euro. La maggiore altezza è anche diretta conseguenza delle politiche delle Regioni, in primis l’Emilia Romagna, divenute molto più restrittive in tema di permessi di costruzione, anche per limitare il consumo di suolo che in Italia è il più alto d’Europa. Quindi il tasso di vacancy in Italia per immobili di grado A è tra i più bassi d’Europa e il take-up in continua crescita. Spazi limitati di qualità uguale canoni che si mantengono a livelli elevati. “C’è inoltre ancora molto da fare sulla logistica del freddo e sul last-mile, il cui ruolo è stato portato all’attenzione degli operatori con lo sviluppo consolidatosi dell’ e-commerce”, aggiunge Scialanga, che tuttavia invita a non perdere di vista l’importanza del fattore ESG. Se fino al 2021 la performance ambientale di un immobile logistico era infatti sostanzialmente un abbellimento del suo profilo, oggi per gli operatori logistici, e per le aziende clienti, è divenuto un requisito essenziale, stante anche la incombente normativa europea (CSRD, si veda altro articolo di questo BeBeez Magazine e l’inchiesta di copertina di BeBeez Magazine n. 12 del 9 settembre 2023).
“Tra due location ugualmente attraenti, un operatore logistico oggi sceglie quella di minore impatto ambientale” sottolinea l’head of transaction di Patrizia AG. Di conseguenza “per un investitore core, cioè che acquista asset già esistenti, oggi è imperativo comprare immobili ad alto rating ESG”. sottolinea Grassidonio di Garbe. “E in Italia c’è ancora penuria di spazi con buone caratteristiche di sostenibilità”, segnala Stefano Lorusso, partner dell’advisor immobiliare Dils. Inoltre l’ immaturità del mercato italiano della logistica, che fino a una decina di anni fa, con 15 milioni di euro investiti in tutto il 2012, era praticamente inesistente, fa sì che asset di alta qualità e a basso impatto ambientale in location attraenti abbiano scarsissime possibilità di non essere utilizzati dagli operatori della logistica e quindi di restare sfitti, con valutazioni che sembrano lontane dall’avere raggiunto il picco. “Il capital value di un asset logistico in Germania è 2000 euro, in Italia oggi è ancora la metà”, conclude Grassidonio. Facile prevedere che il flusso di investimenti esteri nella logistica italiana proseguirà.
Articolo da leggere insieme ai seguenti approfondimenti:
Lorusso (Dils): i canoni della logistica? Continueranno a salire per tutto il 2024
Grassidonio (Garbe), ecco perché l’Italia ci interessa tanto
Karmann (AXA IM Alts), la scarsità di spazi rende speciale l’Italia
Caniggia (Dea Capital RE sgr), presto la logistica non più solo appannaggio degl investitori esteri