Banca CF+, l’ex Credito Fondiario, si sarebbe accordata definitivamente per acquisire entro un mese il ramo azienda della fintech Credimi, contenente gli asset digitali e circa la metà dei dipendenti. Mancherebbe ora soltanto l’autorizzazione da parte della Banca d’Italia e poi ci sarà il passaggio definitivo per 5 milioni di euro, secondo quanto risulta a BeBeez. L’intesa prevede un earn out fra tre anni di altri 5 milioni, ovvero il pagamento di quest’ulteriore quota ai soci nel caso in cui il ramo acquistato sia in grado di raggiungere performance positive nei prossimi tre esercizi. Il resto della società sarà messo in liquidazione volontaria.
Nel ramo d’azienda confluirà la proprietà intellettuale, la piattaforma tecnologica di concessione e gestione del credito e le funzioni di servicing nelle cartolarizzazioni, come ad esempio le attività di incasso e pagamento e il recupero giudiziale dei pagamenti, secondo quanto anticipato a fine gennaio da MF prima e dal Sole24Ore poi. Al contrario, l’attività principale del ramo di azienda rimanente in Credimi sarà quella di detenere e gestire gli abs derivanti dalle cartolarizzazioni, mantenendo i debiti finanziari.
Credimi, che da novembre a gennaio ha invece trattato con UniCredit per la vendita in toto, è assistita nell’operazione da Kpmg e dallo Studio legale Gattai, Minoli, Partners, mentre Banca Cf+ da Pwc.
Ricordiamo che la scaleup fintech specializzata in finanziamenti a pmi e microimprese, intermediario finanziario ex articolo 106 del Testo unico bancario, da inizio attività nel 2016 e sino a fine settembre scorso aveva intermediato oltre 2,2 miliardi di euro, portando la società a essere una delle principali piattaforme fintech di lending a livello europeo.
Credimi aveva a sua volta a raccolto capitali da vari investitori, i quali si troveranno ora quindi a rientrare solo per una piccola quota del loro investimento. Il primo round risale al 2015, quando Ignazio Rocco di Torrepadula, socio di maggioranza assieme al suo team di manager, ha fondato a Milano la startup, che all’epoca si chiamava Insta Partners (si veda altro articolo di BeBeez). Alla fine di quell’anno un gruppo di imprenditori italiani, tra i quali Nerio Alessandri, Alessandro e Mauro Benetton, Lorenzo Pellicioli, Massimo Tosato, Dante Roscini, avevano investito oltre 8 milioni di euro. Nel 2018 erano entrati poi United Ventures e Vertis con 10 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). L’ultima raccolta risale a poco più di un anno fa, quando United Ventures e Vertis hanno investito 5,6 milioni in quello che doveva essere un bridge round assieme a Merloni Holding (si veda altro articolo di BeBeez). Tra gli altri soci istituzionali figurano anche Banca Sella, Deutsche Bank e Tikehau Capital, di cui Rocco di Torrepadula, ex manager di The Boston Consulting Group, è stato senior advisor, che avevano partecipato negli anni alle varie cartolarizzazioni di crediti strutturate da Credimi e avevano suggellato la partnership investendo anche un chip nel capitale (si veda altro articolo di BeBeez). Il tutto in vista di un ulteriore round che doveva essere invece dell’ordine degli 80-100 milioni, con cui la scaleup puntava a coinvolgere anche fondi di venture capital internazionali.
Necessario anche perché l’attività nel frattempo ha via via assorbito i capitai raccolti nei precedenti round, generando perdite nette che sono state coperte con le riserve esistenti. Come già riferito da BeBeez lo scorso novembre, infatti, come si legge nella Relazione alla gestione del bilancio 2021 (disponibile per gli abbonati di BeBeez News Premium e BeBeez Private Data), a fronte di un margine di intermediazione in crescita a 10,8 milioni di euro nel 2021 dagli 8,1 milioni del 2020 e dai 2,7 milioni del 2019, nel 2021 si è registrata una perdita netta di 7,6 milioni di euro, dopo i 4,15 milioni del 2020 e i 7,07 milioni del 2019 e contemporaneamente i debiti finanziari lordi sono saliti a 31,5 milioni nel 2021, dai 13,6 milioni del 2020 e dai 21,5 milioni del 2019. Tutto ciò, si precisa, malgrado nel 2021 i margini di interesse e delle commissioni siano cresciuti complessivamente del 40%, superando i 15 milioni di euro.
Sempre come già riferito da BeBeez, l’ultimo aumento di capitale si era reso necessario per permettere a Credimi di continuare a rispettare le regole di vigilanza bancaria, visto il continuo sviluppo del business. Come noto, infatti, gli intermediari finanziari iscritti all’albo di Bankitalia sulla base dell’art. 106 del Testo Unico Bancario, così come è appunto il caso di Credimi, devono rispettare precisi ratio patrimoniali relativi al totale dei finanziamenti erogati. L’idea era poi appunto quella di strutturarsi patrimonialmente in maniera ben più importante, visti gli ulteriori progetti di crescita.
E questo, perché il modello di business di Credimi, come si legge sempre nella Relazione alla gestione del bilancio 2021, comporta che la società si trovi a “gestire per cicli molto brevi erogazioni con le proprie disponibilità liquide prima di ricedere le posizioni eleggibii ai veicoli di cartolarizzazione Lumen spv e Perseveranza spa“. Per questo Credimi “si è dotata di alcune linee di credito accese presso primari istituti bancari per far fronte a eventuali brevi periodo di scoperto. Inoltre, al fine di finanziare le notes delle cartolarizzazione rispetto alle quali Credimi detiene una quota, la società ha acceso delle apposite linee di finanziamento”.
L’operazione nuovo round, però, si è rivelata più complicata del previsto e nel frattempo è diventato sempre più difficile finanziarsi e quindi erogare crediti alle pmi attraverso la piattaforma. La scaleup non è stata dunque più in grado di generare quei margini e quelle commissioni che rappresentano la sua unica fonte di ricavo a fronte di una struttura dei costi rigida da circa 800 mila euro al mese per la sede e la gestione della piattaforma tecnologica. Una situazione che ha generato quindi una crisi di liquidità.
Per questo motivo Rocco di Torrepadula alla fine di novembre scorso, durante Fintech Future 2022, l’evento annuale di Assofintech, l’associazione italiana per il finech e l’insurtech (si veda qui il video dell’intervento), aveva spiegato pubblicamente di aver bisogno di un partner bancario per poter continuare a lavorare (si veda altro articolo di BeBeez). “Noi dobbiamo innanzitutto risolvere un problema che è il nostro modello di raccolta. Noi oggi raccogliamo attraverso cartolarizzazioni, questo è chiaramente una strozzatura, ci limita molto, quindi dobbiamo dotarci o di una nostra raccolta bancaria, per cui serve una licenza, oppure accordarci o fare una partnership con una banca per avere raccolta bancaria che ci permetterebbe di fare circa il doppio dei volumi e circa tre volte la contribuzione che abbiamo oggi”, aveva detto in quell’occasione.
L’anno scorso finanziarsi è poi diventato sempre più difficile. Difficoltà che era però già emersa già nell’esercizio precedente. Sempre nella Relazione al bilancio, infatti, si legge che il principale elemento che ha negativamente impattato la performance nel 2021 è stata “la bassa capacità da parte della società di trasformare in clienti le richieste di finanziamento pervenute, pari a circa euro 7 miliardi, tale fattispecie è stata principalmente dettata dalle restrizioni in termini di criteri di eleggibilità e di prezzo nel perimetro delle operazioni di cartolarizzazione in essere nel corso dell’esercizio”. Per questo motivo il management si era riproposto di “negoziare operazioni di funding con minori frizioni in termini di criteri di eleggibilità dei crediti in perimetro” e che permettessero “applicazione di prezzi migliori” e che “fossero più remunerative, grazie al track record e allo standing costruiti dalla società”.
Una politica che nei primi due mesi del 2022 stava funzionando, dato che si era visto “un netto miglioramento in termini di volumi erogati e redditività, trend già iniziato negli ultimi mesi del 2021. In particolare, si segnala come i volumi medi mensili dei finanziamenti a medio-lungo termine erogati nei primi due mesi del 2022 sono stati pari a euro 44,4 milioni, mentre la media dell’esercizio 2021 è stata pari a euro 32,8 milioni. Parimenti, il revenue yield medio su tali finanziamenti, al netto delle commissioni di intermediazione, è passato da una media 2021 pari al 2,95% al 3,94% dei primi due mesi del 2022, garantendo per quest’ultimo periodo l’equilibrio reddituale”.
In effetti nella prima parte dell’anno scorso Credimi si è garantita nuovo funding, strutturando due nuove cartolarizzazioni. La prima è stata annunciata lo scorso marzo, per un totale di 100 milioni di euro (si legge sempre nella Relazione al bilancio 2021), come ampliamento del programma Perseveranza, ampliamento inizialmente annunciato per 150 milioni (si veda altro articolo di BeBeez), con le notes senior che sono state sottoscritte da Duomo Funding, Banco BPM e Intesa Sanpaolo e le junior e le mezzanine da Golden Tree, oltre che dalla stessa Credimi. Il programma Perseveranza aveva preso l’avvio nell’aprile del 2021, con una prima emissione di abs partly-paid da 200 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez). La seconda operazione è stata poi annunciata a giugno, per un importo di 26,6 milioni, e sottoscritta per 25 milioni da Mediocredito Centrale e per 1,6 milioni dalla stessa Credimi (si veda altro articolo di BeBeez).
Nel frattempo, nel semestre la piattaforma aveva continuato a erogare prestiti alle pmi, sebbene solo per poco più di 255 milioni di euro (si veda qui il Report 6 mesi di Fintech di BeBeez, disponibile per gli abbonati di BeBeez News Premium e BeBeez Private Data), perché rispetto ai primi mesi l’attività era già andata scemando, sino a crollare a luglio con soli 8 milioni intermediati e poi con 2,342 milioni ad agosto e 2,152 milioni a settembre, secondo P2P Market Data, per un totale nei nove mesi del 2022 quindi di soli 267,7 milioni, quando in tutto il 2021 erano invece stati erogati ben 434 milioni di euro, con una crescita dei prestiti alle imprese del 32,8%, per un totale di quasi 50mila richieste di finanziamento ricevute, e nel 2020 addirittura 660 milioni (di cui 295 milioni prestiti a medio-lungo termine e il resto di factoring, attività che poi Credimi ha deciso di abbandonare, perché poco remunerativa). Dopodiché, a partire da ottobre, Credimi non ha più comunicato a P2P Market le proprie statistiche.