Schema Alfa ha dato corso alla procedura di adempimento dell’obbligo di acquisto e del diritto di acquisto sul mercato per arrivare al 100% di Atlantia, le cui azioni sono state revocate dalle negoziazioni su Euronext Milan venerdì 9 dicembre 202. È quanto precisa una nota che certifica dunque, come previsto, l’attuazione dello squeeze out e la definitiva uscita della holding dal listino di Piazza Affari a seguito dell’Opa, con provvedimento n. 8904 del 29 novembre 2022 di Borsa Italiana (si veda qui il comunicato stampa).
La holding della famiglia Benetton esce quindi di scena dalla borsa dopo 35 anni di permanenza, essendosi quotata a febbraio 1987. Ora il gruppo è in mano a Edizione, Blackstone Infrastructure Partners e Fondazione CRT mentre al listino di Piazza Affari vengono a mancare quasi 19 miliardi di euro, cioè quanto capitalizzava il titolo Atlantia al momento del delisting.
Il delisting arriva dopo l’esito dell’opa di Schema Alfa (si veda altro articolo di BeBeez), la società veicolo dell’opa (bidco) controllata al 65% da Edizione Holding tramite Sintonia e per il resto da Blackstone, che detiene il 95,9333% di Atlantia. Secondo quanto comunicato da questi ultimi, restano ancora diversi titoli in circolazione, pari al 4,067% del capitale sociale di Atlantia il cui valore è di 23 euro per azione, ossia quello dell’opa. I titolari delle quote riceveranno il controvalore dalle proprie banche.
Venerdì 9 dicembre 2022 Schema Alfa ha quindi reso noto di aver provveduto a comunicare ad Atlantia “l’avvenuto deposito e la disponibilità del controvalore complessivo della procedura congiunta, circa 772,5 milioni, su apposito conto corrente presso Intesa Sanpaolo, intestato all’offerente e vincolato al pagamento del corrispettivo della procedura congiunta”. Il controvalore complessivo, depositato sul conto vincolato, è destinato – esclusivamente, incondizionatamente ed irrevocabilmente – al pagamento del corrispettivo delle 33.587.433 azioni ancora in circolazione, pari appunto al 4,067% del capitale sociale di Atlantia, in sostanza il pacchetto che non ha aderito all’Opa.
Inoltre, “il trasferimento della titolarità delle azioni residue in capo a Schema Alfa – con conseguente annotazione sul libro soci avrà efficacia a partire dal 9 dicembre 2022”. Al proposito, i titolari delle azioni residue hanno diritto di ottenere il pagamento del corrispettivo della procedura congiunta direttamente presso i rispettivi intermediari.
Ricordiamo che lo scorso 28 novembre l’opa volontaria sulla totalità delle azioni Atlantia promossa da Schema Alfa era arrivata appunto circa al 96% di adesioni comprese le azioni proprie detenute dalla holding infrastrutturale, all’ultimo giorno del periodo di proroga dell’offerta, che come noto andava dall’apertura alle 9 italiane di lunedì 21 novembre alla chiusura, alle 17.30 italiane, di venerdì 25 novembre 2022 (si veda altro articolo di BeBeez).
Secondo i dati diffusi da Borsa Italiana (si veda qui il comunicato stampa) erano state apportate durante la riapertura dei termini 64.240.417 azioni (pari al 7,779% del capitale sociale di Atlantia), consentendo a Schema Alfa di arrivare al 92,726% delle azioni complessive oggetto dell’offerta. Considerando le azioni proprie, Schema Alfa aveva superato la soglia del 95% del capitale. Per la precisione, la Bidco di Edizione e Blackstone è arrivata a possedere 792.196.557 azioni, rappresentative del 95,933% del capitale sociale di Atlantia.
Un livello che appunto ha acconsentito di procedere con lo squeeze out e il delisting da Piazza Affari in tempi più brevi (prima metà di dicembre) rispetto all’opa residuale, dato che è scattato l’obbligo di acquisto.
Sono 21 le opa lanciate nel 2022 a Piazza Affari, tre solo agli inizi di dicembre. Si tratta di quella di De Agostini e della famiglia Drago su Dea Capital, dell’opa di Credem Private Equity su Finlogic e dell’analoga operazione di Alpha Private Equity e Peninsula Investments su Prima Industrie. Ma a fine novembre erano state precedute dal delisting di Banca Finnat a seguito dell’opa della famiglia Nattino, azionista di controllo.
Le ultime tre operazioni annunciate rappresentano insieme circa 750 milioni di euro di capitalizzazione che porta sopra i 30 miliardi il valore delle società che hano detto addio alle negoziazioni a Piazza Affari nel solo 022. Ma i miliardi diventano circa 50 se si tiene conto anche di Exor, la holding della famiglia Agnelli che è uscita da Milano per quotarsi ad Amsterdam per allineare la residenza fiscale con quella di quotazione.