Un po’ meno dipendenti e un po’ più di earn-out di quanto previsto al momento dell’annuncio del deal lo scorso marzo (si veda qui altro articolo di BeBeez) . Si chiude così il passaggio di mano sotto il controllo di Banca CF+ del ramo d’azienda contenente gli asset tecnologici della piattaforma di fintech di lending alle imprese Credimi.
Il closing dell’operazione riguarda come detto gli asset tecnologici della fintech e 25 risorse altamente qualificate (inizialmente s parlava di 30) per un corrispettivo di 5,5 milioni di euro, oltre a un eventuale earn-out del valore massimo di 4,5 milioni di euro (si parlava di 3,5 milioni) da riconoscere successivamente, al raggiungimento di determinati obiettivi di business (veda qui il comunicato stampa).
A vendere Credimi sono ari investitori, il fondatore Ignazio Rocco di Torrepadula e i manager coinvolti nel progetto della scaleup, fondata nel 2015 all’epoca conil nome di Insta Partners (si veda altro articolo di BeBeez). Nome con il quale la scaleup è stata ora ribattezzata per condurre le pratiche della liquidazione, dopo la cessione del ramo d’azienda. Negli anni Credimi ha raccolto capitali da investitori privati e di venture capital, In particolare, a fine 2015 un gruppo di imprenditori italiani, tra i quali Nerio Alessandri, Alessandro e Mauro Benetton, Lorenzo Pellicioli, Massimo Tosato, Dante Roscini, avevano investitoin Credimi oltre 8 milioni di euro. Nel 2018 erano entrati poi i fondi di United Ventures e Vertis con 10 milioni (si veda altro articolo di BeBeez). L’ultima raccolta risale a fine 2021, quando United Ventures e Vertis hanno investito 5,6 milioni in quello che doveva essere un bridge round assieme a Merloni Holding (si veda altro articolo di BeBeez). Tra gli altri soci istituzionali figuravano anche Banca Sella, Deutsche Bank e Tikehau Capital, che avevano partecipato negli anni alle varie cartolarizzazioni di crediti strutturate da Credimi e avevano suggellato la partnership investendo anche un chip nel capitale (si veda altro articolo di BeBeez). Il tutto in vista di un ulteriore round che doveva essere invece dell’ordine degli 80-100 milioni, con cui la scaleup puntava a coinvolgere anche fondi di venture capital internazionali.
Banca CF+ è stata assistita nell’operazione di acquisto del ramo d’azienda da PwC nel ruolo di advisor finanziario e da Chiomenti per i profili legali correlati all’operazione. Credimi è stata invece assistita da KPMG nel ruolo di advisor finanziario e da Gattai Minoli & Partners per gli aspetti legali.
Credimi, specializzata in finanziamenti a pmi e microimprese, intermediario finanziario ex articolo 106 del Testo unico bancario, da inizio attività nel 2016 e sino a fine settembre scorso aveva intermediato oltre 2,2 miliardi di euro, portando la società a essere una delle principali piattaforme fintech di lending a livello europeo.
Quanto a Banca CF+, è la challenger bank nata nell’agosto 2021 dall’ex Credito Fondiario dopo la scissione delle attività di gestione e investimento in crediti deteriorati, convogliate nel nuovo gruppo Gardant, con entrambi i gruppi che restano controllati dal fondo Elliott e dai soci storici del gruppo Tages (si veda altro articolo di BeBeez). Credito Fondiario è stato poi ribattezzato Banca CF+ a inizio febbraio 20222 (si veda altro articolo di BeBeez).
Il 2022 è stato il primo anno completo di nuova attività di Banca CF+, che si sviluppa tre verticali di business. “Oltre a quella dei crediti fiscali, già presente in Credito Fondiario con l’acquisizione di Be Finance, siamo diventati operativi con il factoring alle imprese in bonis e in special situation e con i finanziamenti garantiti alle pmi. Nel complesso lo scorso anno abbiamo ricevuto quasi 8 miliardi di euro di richieste di finanziamento e abbiamo erogato per 800 milioni. Quest’anno contiamo di arrivare a 1,3-1,5 miliardi di nuovi finanziamenti erogati. Quanto ai numeri di bilancio, l’anno scorso eravamo ancora in fase di ramp-up, ma già quest’anno contiamo di raggiungere il breakeven”, aveva detto l’amministratore delegato Iacopo De Francisco, in un’intervista a BeBeez Magazine del 1° aprile.
Banca CF+ per lanciare le sue attività di factoring e di financing ha infatti acquisito altre due scaleup, da un lato Fifty e dall’altro Fivesixty, integrando in entrambi i casi i fondatori nel management della banca. Ora, con l’acquisto di Credimi, aveva spiegato ancora de Francisco a BeBeez Magazine, l’obiettivo è ampliare l’attività di finanziamento al segmento delle piccolissime imprese: “Credimi ha sviluppato una piattaforma di digital lending rivolta principalmente a imprese con fatturati fino ai 2 milioni di euro, l’importo medio dei finanziamenti è di circa 120 mila euro. Di contro, le nostre aziende clienti, hanno un fatturato tra i 2 e i 100 milioni di euro e l’importo medio dei finanziamenti richiesti si attesta intorno al milione. Con Credimi abbiamo quindi voluto cogliere l’opportunità di estendere la nostra operatività verso l’ambito dello Small Ticket, un mercato dimensionalmente molto importante”.
E ora, al closing dell’operazione, de Francisco ha aggiunto: “Questa acquisizione ci consente di rafforzare la nostra offerta di soluzioni di finanziamento, grazie all’integrazione di un operatore leader nel comparto del digital lending. Entro la fine del 2023 saremo già operativi in tale comparto e lanceremo una gamma di nuovi prodotti dedicati alla piccola e media impresa italiana, segmento rilevante e per noi di grandissimo interesse. La piattaforma tecnologica e le competenze acquisite da Credimi ci consentono di attuare una piena digitalizzazione dei sistemi e dei processi di onboarding del cliente e di lending, e ci danno una spinta decisiva verso un’ulteriore riduzione dei tempi di valutazione delle richieste e di erogazione del credito, per costruire una banca più efficiente, moderna e capace di dare risposte rapide e qualificate alle esigenze dell’impresa”.
E Ignazio Rocco, fondatore di Credimi, ha dichiarato: “Sono felice che il prodotto, la tecnologia e la capacità di servire le piccole imprese di Credimi rinascano a nuova vita all’interno di Banca CF+. Nei suoi 7 anni di vita, Credimi ha processato 100 mila domande di finanziamento ed erogato quasi 10 mila finanziamenti per due miliardi di euro” E ha aggiunto: “Banca CF+, senza i vincoli di raccolta che hanno limitato la crescita e la redditività di Credimi e con le robuste competenze di cui dispone, scriverà un nuovo capitolo ancora più entusiasmante”.
Ignazio Rocco nella sua dichiarazione fa riferimento alle ragioni della crisi della fintech. Ricordiamo, infatti, che l’ultimo aumento di capitale si era reso necessario per permettere a Credimi di continuare a rispettare le regole di vigilanza bancaria, visto il continuo sviluppo del business. Come noto, infatti, gli intermediari finanziari iscritti all’albo di Bankitalia sulla base dell’art. 106 del Testo Unico Bancario, così come era appunto il caso di Credimi, devono rispettare precisi ratio patrimoniali relativi al totale dei finanziamenti erogati. L’idea era poi appunto quella di strutturarsi patrimonialmente in maniera ben più importante, visti gli ulteriori progetti di crescita. L’operazione nuovo round, però, si è rivelata più complicata del previsto e nel frattempo è diventato sempre più difficile finanziarsi e quindi erogare crediti alle pmi attraverso la piattaforma. La scaleup non è stata dunque più in grado di generare quei margini e quelle commissioni che rappresentano la sua unica fonte di ricavo a fronte di una struttura dei costi rigida. Una situazione che ha generato quindi una crisi di liquidità.
Per questo motivo Rocco di Torrepadula alla fine di novembre scorso, durante Fintech Future 2022, l’evento annuale di Assofintech, l’associazione italiana per il finech e l’insurtech (si veda qui il video dell’intervento), aveva spiegato pubblicamente di aver bisogno di un partner bancario per poter continuare a lavorare (si veda altro articolo di BeBeez). “Noi dobbiamo innanzitutto risolvere un problema che è il nostro modello di raccolta. Noi oggi raccogliamo attraverso cartolarizzazioni, questo è chiaramente una strozzatura, ci limita molto, quindi dobbiamo dotarci o di una nostra raccolta bancaria, per cui serve una licenza, oppure accordarci o fare una partnership con una banca per avere raccolta bancaria che ci permetterebbe di fare circa il doppio dei volumi e circa tre volte la contribuzione che abbiamo oggi”, aveva detto in quell’occasione.
L’anno scorso finanziarsi è poi diventato sempre più difficile. Difficoltà che era però già emersa già nell’esercizio precedente. Già nella Relazione al bilancio 2021, infatti, si leggeva che il principale elemento che ha negativamente impattato la performance nel 2021 è stata “la bassa capacità da parte della società di trasformare in clienti le richieste di finanziamento pervenute, pari a circa euro 7 miliardi, tale fattispecie è stata principalmente dettata dalle restrizioni in termini di criteri di eleggibilità e di prezzo nel perimetro delle operazioni di cartolarizzazione in essere nel corso dell’esercizio”. Per questo motivo il management si era riproposto di “negoziare operazioni di funding con minori frizioni in termini di criteri di eleggibilità dei crediti in perimetro” e che permettessero “applicazione di prezzi migliori” e che “fossero più remunerative, grazie al track record e allo standing costruiti dalla società”.
Una politica che nei primi due mesi del 2022 stava funzionando, dato che si era visto “un netto miglioramento in termini di volumi erogati e redditività, trend già iniziato negli ultimi mesi del 2021. In particolare, si segnala come i volumi medi mensili dei finanziamenti a medio-lungo termine erogati nei primi due mesi del 2022 sono stati pari a euro 44,4 milioni, mentre la media dell’esercizio 2021 è stata pari a euro 32,8 milioni. Parimenti, il revenue yield medio su tali finanziamenti, al netto delle commissioni di intermediazione, è passato da una media 2021 pari al 2,95% al 3,94% dei primi due mesi del 2022, garantendo per quest’ultimo periodo l’equilibrio reddituale”.
In effetti nella prima parte dell’anno scorso Credimi si è garantita nuovo funding, strutturando due nuove cartolarizzazioni. La prima è stata annunciata lo scorso marzo, per un totale di 100 milioni di euro (si legge sempre nella Relazione al bilancio 2021), come ampliamento del programma Perseveranza, ampliamento inizialmente annunciato per 150 milioni (si veda altro articolo di BeBeez), con le notes senior che sono state sottoscritte da Duomo Funding, Banco BPM e Intesa Sanpaolo e le junior e le mezzanine da Golden Tree, oltre che dalla stessa Credimi. Il programma Perseveranza aveva preso l’avvio nell’aprile del 2021, con una prima emissione di abs partly-paid da 200 milioni di euro (si veda altro articolo di BeBeez). La seconda operazione è stata poi annunciata a giugno, per un importo di 26,6 milioni, e sottoscritta per 25 milioni da Mediocredito Centrale e per 1,6 milioni dalla stessa Credimi (si veda altro articolo di BeBeez).
Nel frattempo, nel semestre la piattaforma aveva continuato a erogare prestiti alle pmi, sebbene solo per poco più di 255 milioni di euro (si veda qui il Report Finch 6 mesi 2022 di BeBeez, disponibile per gli abbonati di BeBeez News Premium e BeBeez Private Data), perché rispetto ai primi mesi l’attività era già andata scemando, sino a crollare a luglio con soli 8 milioni intermediati e poi con 2,342 milioni ad agosto e 2,152 milioni a settembre, secondo P2P Market Data, per un totale nei nove mesi del 2022 quindi di soli 267,7 milioni, quando in tutto il 2021 erano invece stati erogati ben 434 milioni di euro, con una crescita dei prestiti alle imprese del 32,8%, per un totale di quasi 50mila richieste di finanziamento ricevute, e nel 2020 addirittura 660 milioni (di cui 295 milioni prestiti a medio-lungo termine e il resto di factoring, attività che poi Credimi ha deciso di abbandonare, perché poco remunerativa). Dopodiché, a partire da ottobre, Credimi non ha più comunicato a P2P Market le proprie statistiche.