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Sarebbe il fondo FSI guidato da Maurizio Tamagnini l’investitore finanziario misterioso che acquisirà sul mercato tra il 7% e il 9% dell’asset manager Anima Holding spa con una procedura di reverse accelerated bookbuilding (RABB), rivolta a investitori qualificati e istituzionali esteri, di cui parla la nota pubblicata ieri pomeriggio a mercati chiusi da Mediobanca, in qualità di intermediario incaricato, che precisa che l’investitore non è azionista della società e che “non intende promuovere un’opa nei prossimi 12 mesi”. Lo scrive La Repubblica.
Secondo il quotidiano, l’intervento di FSI, che di norma investe in società non quotate, sarebbe da leggere in chiave difensiva dell’italianità dell’asset manager, che a fine gennaio aveva in gestione 182,4 miliardi di euro di asset (tra fondi aperti e alternativi), in aumento dai 177,2 miliardi di fine 2022, sebbene al di sotto dei 201,7 miliardi di fine gennaio 2022 (si veda qui il comunicato stampa).
Anima Holding ha chiuso ieri la seduta a Piazza Affari con un rialzo del 2,95% a 4,046 euro, pari a una capitalizzazione di 1,4 miliardi di euro. L’operazione, si dice, sarebbe stata condotta attorno a 4,35 euro per azione, quindi con un premio sui valori di Borsa inferiore al 10% (si veda qui MF Dow Jones ). Ciò significherebbe un esborso di circa 130 milioni di euro per il 9%. Il titolo Anima Holding è in graduale recupero da metà ottobre 2022, quando quotava attorno a 3 euro. Lo scorso novembre infatti la società ha avviato un programma di acquisto di azioni proprie che, dopo gli acquisti dei giorni scorsi, l’ha portata a oggi a detenere in portafoglio il 6,53% del capitale (si veda qui il comunicato stampa). Detto questo, come comunicato in occasione della presentazione dei conti del 2022 (si veda qui il comunicato stampa), in occasione dell’assemblea dei soci del prossimo 21 marzo, il consiglio di amministrazione proporrà ai soci la cancellazione di azioni proprie in portafoglio per una quota pari al 5% del capitale.
Tornando alle ragioni di un possibile coinvolgimento di FSI nell’azionariato di Anima Holding, ricordiamo che lo scorso maggio, Amundi, la società di asset management controllata dal Crédit Agricole, è salita, attraverso i propri fondi, al 5,16% del capitale dell’asset manager italiano, divenendone il terzo maggiore azionista, una mossa che ha scatenato illazioni su possibili mire del gruppo francese sul controllo della società di gestione italiana, dopo già essere diventata il primo socio individuale di Banco BPM con il 9,18% del capitale. Peraltro lo stesso Banco BPM a sua volta possiede oggi una quota del 20,6% di Anima Holding, mentre il secondo azionista con l’11% è Poste Italiane (non a caso Anima gestisce le riserve tecniche di Poste Vita). A suo tempo, però, il vertice italiano di Crédit Agricole, Giampiero Moioli, aveva escluso che la banca potesse essere interessato al risparmio gestito, sottolineando che il gruppo francese è “in questo momento” esclusivamente concentrato sulla bancassurance”. In ogni caso, appunto, molti operatori ieri hanno letto l’ipotetico intervento di FSI su Anima Holding come un messaggio ai francesi, per sopire sul nascere qualunque eventuale intenzione di stringere la presa sull’asset manager.
La lettura però potrebbe anche essere diversa. Nei giorni scorsi, l’amministratore delegato di Anima Holding, Alessandro Melzi d’Eril, commentando i risultati dell’esercizio 2022, in cui, a fronte di una raccolta netta positiva per 1,6 miliardi di euro, l’asset manager ha registrato un calo dell’utile netto consolidato del 49% a 120,8 milioni di euro (si veda qui il comunicato stampa), ha detto: “Dopo un anno difficile per il risparmio gestito a causa dell’andamento fortemente negativo dei mercati finanziari, il gruppo Anima registra risultati caratterizzati da grande resilienza che consentono anche per quest’anno di offrire agli azionisti un ritorno che si colloca nella fascia alta per il nostro settore in Europa. Questa solidità ci dà grande fiducia per il futuro; la nostra elevata disponibilità di cassa ci consentirà di proseguire nelle politiche di remunerazione per gli azionisti degli ultimi anni, e contemporaneamente di guardare a possibili operazioni di crescita esterna, sia su base opportunistica che in un contesto di aggregazioni fra gruppi bancari, certi di costituire un valore e di poter giocare un ruolo di facilitatore per una rapida ed efficace valorizzazione delle potenzialità del wealth management per tutti i soggetti coinvolti”.
Il fondo FSI fa proprio delle aggregazioni la sua missione. L’idea di Tamagnini, infatti, è quella di entrare nel capitale di società italiane che abbiano le potenzialità per crescere a livello internazionale, proprio anche grazie ad acquisizioni. Sarebbe però la prima volta che questo approccio viene condotto da FSI su una società quotata. E sarebbe anche il primo investimento del fondo nel settore dell’asset management, sebbene il fondo abbia invece investito parecchio in un settore contiguo, cioé nel fintech. Dal lancio il fondo a oggi ha infatti investito ben 600 milioni di euro in fintech, cui corrisponde un IRR in linea con il cosiddetto top quartile dei fondi di buyout internazionali raccolti negli ultimi 5 anni, cioè, secondo Preqin, oltre il 20% all’anno. Lo aveva detto lo stesso Tamagnini a BeBeez e MF Milano Finanza un anno fa (si veda altro articolo di BeBeez), precisando che i 600 milioni rappresentano circa il 50% del valore complessivo degli investimenti condotti sino a quel momento dal fondo, che nel marzo 2019 aveva chiuso la raccolta con 1,4 miliardi di euro di impegni sottoscritti da investitori istituzionali italiani e internazionali, oltre che da fondi sovrani. L’ultimo investimento nel settore da parte del fondo è stata l’acquisizione del 60% di BCC Pay, il business della monetica di Iccrea Banca, capogruppo del Gruppo Bancario Cooperativo Iccrea (si veda altro articolo di BeBeez). Lo scorso luglio 2022, inoltre, il fondo ha sottoscritto una lettera d’intenti con Bancomat spa in vista di un potenziale ingresso di FSI nel capitale di Bancomat spa al fianco delle banche azioniste, al fine di accelerare ancora di più la crescita della società attraverso importanti investimenti per lo sviluppo” (si veda altro articolo di BeBeez)
Le strade di Anima e FSI si sono incrociate di recente nell’operazione con la quale a fine novembre 2022 la famiglia Moretti ha riacquistato dal fondo FSI l’intera partecipazione (35%) in Lumson, specializzata nel packaging primario per prodotti di cosmetica e make-up, che il fondo aveva acquisito nel 2018. La transazione è stata infatti finanziata dal fondo Anima Alternative 1 di Anima Alternative sgr (guidata dal ceo Philippe Minard e interamente controllata da Anima Holding) e del coinvestitore spagnola Oquendo Capital, che hanno sottoscritto bond a lungo termine emessi da un veicolo controllato dalla stessa famiglia (si veda altro articolo di BeBeez).
Un mese prima, a ottobre 2022, lo stesso fondo di Anima aveva invece erogato un finanziamento subordinato di tipo mezzanino a Kyma Investment Partners per supportarlo nell’acquisizione di Selecta Digital, azienda italiana attiva nella comunicazione automatizzata multicanale per l’interazione tra azienda e clientela (si veda altro articolo di BeBeez).
Nell’aprile 2022 Anima Alternative sgr si era invece affiancata a Clessidra nel capitale di Impresoft spa, polo tecnologico nato a novembre 2019 dall’unione di 4ward, Brainware, Gruppo Formula, Impresoft e Qualitas Informatic, di cui appunto il fondo di Clessidra ha acquisito la maggioranza a dicembre 2021. La quota era stata ceduta dal fondo VII di Xenon Private Equity. I key manager di Impresoft, in larga parte fondatori del gruppo, hanno affiancato Clessidra, co-investendo con una significativa quota nel gruppo. Anche Italmobiliare ha partecipato all’operazione come co-investitore (si veda altro articolo di BeBeez).
In portafoglio, poi, il fondo ha investimenti in debito di Neopharmed Gentili, W Group, Bianalisi, Jakala, GnuttiCirillo e CEME.
Il fondo Anima Alternative 1 è stato lanciato nel settembre 2020 (si veda altro articolo di BeBeez) e investe in prestiti direct lending, sia senior sia subordinati oltre che in partecipazioni di minoranza. Dopo un primo closing a gennaio del 2021 a 117 milioni di euro su un hard cap di 150 milioni.