di Alessandro Albano
Nel primo semestre del 2022 le operazioni di M&A in Italia hanno raggiunto un volume stimabile in circa 30,7 miliardi di euro, ben il 40,1% in meno rispetto al picco di 51,3 miliardi dei primi due trimestri 2021. Il numero di operazioni, tuttavia, è lievemente cresciuto, con circa 370 deal portati a termine rispetto ai 365 dell’anno scorso. E’ il quadro, contraddittorio, emerso dall’ultima indagine sul mercato italiano del merger & acquisitions di EY, curata da Marco Daviddi, Strategy and Transactions Leader. (si veda qui il comunicato stampa e qui la ricerca).
Un trend, questo, già evidenziato anche dai numeri diffusi a fine giugno da KPMG, che ha calcolato che nel primo semestre del 2022 sono state concluse 537 operazioni (-13% rispetto alle 616 operazioni dello stesso periodo dello scorso anno) per un controvalore di circa 30 miliardi di euro (rispetto ai 52 miliardi del primo semestre 2021 su cui incideva però l’operazione Stellantis pari a 19,8 miliardi) (si veda altro articolo di BeBeez). Di queste, 239 operazioni sono state concluse nel primo trimestre (-20% rispetto alle 298 operazioni del gennaio-marzo 2921) per un controvalore pari a circa 17 miliardi di euro (si veda altro articolo di BeBeez).
Tornando ai dati di EY, il calo del controvalore complessivo delle transazioni è andato di pari passo con a riduzione della taglia media dei singoli investimenti, elemento che, spiega E&Y, appare coerente con un mercato complesso nel quale la gestione dei rischi e la diversificazione degli investimenti assumono importanza rilevante.
Tuttavia, guardando le business integration italiane, due settori hanno fatto meglio del mercato sia in termini di volumi che di quote. Si tratta di tecnologia e prodotti industriali, che hanno rappresentato rispettivamente il 24,9 e il 15,4% di tutte le operazioni di M&A effettuate sul territorio italiano, in crescita rispettivamente dal 24,7% e il 12,6% dello stesso periodo del 2021. Forte la crescita degli investimenti per le aziende di software e cybersecurity, con 57 operazioni nel 2022 da nessuna nella prima metà 2021, mentre nel settore industrials & chemicals sono state concluse 92 operazioni dalle 90 dello scorso anno.
Cresce l’interesse anche per il settore di infrastrutture e costruzioni, che da 10 operazioni dei primi sei mesi 2021 (quota 2,7%), sono quasi raddoppiate, a 18, con un peso del 4,9% sul totale. Cala, dall’altra parte, l’appeal di un settore tradizionale per il made in Italy, quale i beni di consumo: 47 i deal effettuati quest’anno dai 69 dei primi sei mesi dello scorso anno, con quote in ribasso al 12,7% dal 18,9%. Male anche le utility, con 29 transazioni e il 7,8% di quota dalle 38 dello scorso anno (e un peso del 18,9%).
I volumi dei deal sono stati trainati in primis dall’acquisizione di Autostrade per l’Italia da parte di CDP, Macquarie e Blackstone per circa 18 miliardi di euro (Enterprise Value, quindi incluso il debito), chiusa nel primo semestre di quest’anno ma l’accordo con la venditrice Atlantia era stato raggiunto un anno prima (si veda altro articolo di BeBeez), seguita dall’acquisizione di Kedrion, produttore di plasmaderivati, da parte di Permira e dell’Abu Dhabi Inverstment Authority, per un valore di circa 2,4 miliardi (si veda altro articolo di BeBeez) e dall’investimento, proprio in chiusura di semestre, del fondo americano TGP Capital di 1,5 miliardi nella casa farmaceutica DOC Generici. Si segnalano anche, nel settore entertainment, l’acquisizione del club AC Milan da parte del fondo americano specializzato RedBird Capital, per un valore di circa 1,2 miliardi, mentre nel comparto energetico l’investimento del fondo australiano IFM Investors nel 21,7% di ERG, per circa 1 miliardo è stato il più degno di nota. Nella filiera agroalimentare, l’acquisizione più rilevante è stata quella di Irca, produttore B2B di semilavorati per il settore dolciario, da parte del fondo Advent per circa 1 miliardo.
Il livello dell’attività M&A, sia per valore sia per numero di operazioni, si è comunque mantenuto superiore rispetto al periodo pre-pandemia, dopo il picco storico del 2021, anche se occorre evidenziare che a partire da maggio si sono registrati alcuni segnali di rallentamento. Sono diversi i fattori che incidono su questa dinamica, come la liquidità presente nel sistema economico che continua a essere abbondante; i processi di trasformazione delle singole imprese; lo scoppio del conflitto in Ucraina che ha generato un clima di incertezza a livello globale peggiorando lo scenario macroeconomico e il recente incremento dei tassi di interesse. Per questi motivi, sottolinea E&Y nel report, i megadeal sono in questo momento più complessi e il pricing torna a essere elemento negoziale rilevante.
Venti contrari riscontrati anche a livello internazionale da uno studio di Pwc (si veda altro articolo di BeBeez), secondo il quale nella prima metà del 2022, sono stati registrati 20.770 deal per un valore di 1.670 miliardi di dollari rispetto ai 2.630 miliardi della seconda metà del 2021 (poco più di 30.240 operazioni).
Guardando al Private Equity, il settore ha mantenuto stabile il proprio ruolo a supporto della crescita delle imprese italiane, concludendo circa 112 operazioni di buy-out su target italiani, per un valore aggregato, ove noto, di circa 17,8 miliardi rispetto a 106 operazioni per 26,9 miliardi nel primo semestre 2021. In termini di numero di operazioni, gli sponsor finanziari, relativi alle varie asset class, tra cui Private Equity e Venture Capital, fondi Infrastructure ed Energy, fondi Real Estate e investitori istituzionali, si sono confermati come attori di primo piano in ambito M&A nel 2022, avendo realizzato circa il 30,2% delle transazioni avvenute nell’anno.
A livello regionale, dei 370 deal totali, 181 arrivano dal Nord-Ovest , con il notevole effetto trainante della regione Lombardia e del manifatturiero/industriale (23,2%). 94 deal sono stati firmati in Nord-Est: 94 deal, di cui un 35,1% delle società target operanti nel settore industriale, al Centro sono stati registrati 71 deal (industriale e Technology entrambi per il 16,9%, mentre al Sud sono state effettuate 24 deal transazioni con la prevalenza del settore manifatturiero (20,8%). Guardando solo il PE, Il nord-ovest del Paese ha ospitato quasi la metà delle operazioni di buy-out (52 deal nel primo semestre 2022, di cui 43 solo in Lombardia), seguito dal nord-est (29 deal, di cui 15 in Veneto e 10 in Emilia Romagna) e dal centro Italia (20 deal di cui 10 nel Lazio). Il sud, spiega la società di revisory mantiene un ruolo marginale con 11 deal.
In conclusione, E&Y sottolinea che il mercato M&A in Italia, nonostante i fattori negativi sopracitati, possa comunque mantenere una certa vivacità, seppure su volumi inferiori a quelli, straordinari, registrati nel 2021. L’abbondante liquidità già raccolta da investire, i progetti di exit dei fondi, potenziale di aggregazione in settori ancora frammentati e i passaggi generazionali in aziende private sono tutti elementi che giocano in favore dell’attività.